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Bce e Basilea non salvano l'Europa

L'accordo sulla vigilanza unica bancaria e l'alleggerimento dei requisiti patrimoniali per gli istituti di credito non bastano per uscire dalla crisi. Mancano ancora le riforme strutturali. 

Marco Caprotti 10/01/2013 | 11:43
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La soluzione dei problemi di Eurolandia passa attraverso le banche? Visto l’impegno profuso dalle autorità dell’Ue per mettere a posto alcune questioni legate alla solidità degli istituti di credito durante le festività sembrerebbe di sì. Gli operatori, tuttavia, qualche dubbio ce l’hanno.

Dopo tre mesi di aspro negoziato e 14 ore di maratona notturna, poco prima di Natale i 27 paesi dell’Unione hanno raggiunto un accordo che prevede la centralizzazione della vigilanza bancaria in Europa a partire dal primo gennaio 2014. Il pacchetto è il frutto di un compromesso tra diverse sensibilità nazionali, ma rappresenta un’importante cessione di sovranità e un tassello decisivo nell’integrazione della zona euro mentre i paesi dell’Unione monetaria tentano di dare una risposta strutturale alla crisi debitoria.

Gli stati membri dell’Unione si sono accordati per trasferire alla Bce il potere di vigilare direttamente su circa 150-200 banche. Gli altri istituti di credito della zona euro verranno sorvegliati dalle autorità nazionali, anche se la Bce avrà un diritto di controllo. La Gran Bretagna conserva il controllo diretto sulle proprie banche. C’è da dire che l’accordo raggiunto non ha strappato l’applauso dalle mani degli operatori. I tempi sono così difficili e la ripresa così lenta che l’unione bancaria, secondo molti osservatori, non servirà a granché. La nota positiva è che adesso la Germania sembra avere perso l’ultima parola sui piani di salvataggio. “La progressiva introduzione di una vigilanza bancaria europea è accompagnata da aspettative elevate di una maggiore stabilità finanziaria in Europa”, spiega un report firmato da Anton Oberhofer, gestore di portafoglio di Swiss&Global. “Il circolo vizioso che si è creato tra la situazione finanziaria delle banche di importanza sistemica e gli stati in cui hanno sede deve essere affrontato a un livello superiore”.

Basilea III è più leggera
Prima della Befana è arrivata, invece, la decisione dei governatori del comitato di vigilanza di Basilea di scaglionare nel tempo l’entrata in vigore degli standard di Basilea III, alleggerendo nel breve periodo i requisiti patrimoniali richiesti alle banche. La revisione delle regole prevede che i nuovi criteri sulla liquidità delle banche scatteranno a gennaio 2015, ma entreranno in vigore gradualmente entro gennaio 2019. Ciò significa che nel 2015 gli istituti di credito dovranno avere la disponibilità di una liquidità per far fronte a eventuali situazioni shock sul mercato pari al 60% dell’obiettivo richiesto, contro la precedente soglia del 100%. Ogni anno tale percentuale dovrà essere incrementata di 10 punti, per arrivare al 100% nel 2019. Inoltre, i nuovi accordi prevedono l’ampliamento della gamma degli asset che potranno rientrare nel calcolo del coefficiente.

Secondo alcuni analisti, la notizia del rinvio di Basilea III è scontata e positiva, poiché non obbligherà le banche a raggiungere nuovi target di asset liquidi in tempi stretti. E’ positivo soprattutto per le banche del nord Europa, mentre quelle italiane hanno già raggiunto o sono vicine ai target fissati sugli standard di liquidità. In particolare Intesa Sanpaolo, Ubi, Banco Popolare hanno già dichiarato di avere liquidità sopra il 100%. “ E’ una scelta favorevole non solo al settore finanziario, ma all’economia in generale dato che dovrebbe limitare l’ulteriore processo di deleveraging”, spiega una nota di Banca Intermobiliare.  

Le valutazioni non bastano

Basteranno gli interventi sulle banche per dare una spinta alla soluzione dei problemi di Eurolandia? “C’è la necessità di riforme strutturali”, spiega una nota di Yves Maillot, Head of European equities di Natixis asset management. “Tuttavia, la possibile lentezza nell’avviare tali riforme potrebbe rappresentare un problema per i mercati finanziari, ingenerando un nuovo periodo di tensione nel mercato dell'Eurozona”. Nonostante questo, Maillot è ottimista alla luce della notevole liquidità fornita dalle principali banche centrali, unitamente a basse valutazioni e alla minore volatilità. “Abbiamo molti investitori istituzionali con una esposizione contenuta ai titoli azionari; inoltre, la valutazione storica dei titoli azionari europei (relativamente agli Stati Uniti) è piuttosto bassa”, continua Maillot. “Tuttavia, le valutazioni a sconto, da sole, non sono sufficienti. Abbiamo bisogno di un altro catalizzatore e forse la politica europea potrebbe aiutare in tal senso. Servono, inoltre, ulteriori riforme strutturali, in particolare in tema di competitività, ma vorremmo anche vedere una spinta verso una più stretta unione fiscale”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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