L’appetito per il rischio torna a fare rima con mercati azionari. I gestori, interpellati da Morningstar nel consueto sondaggio mensile tra le principali società di gestione e intermediazione che operano in Italia, sono ottimisti sull’andamento delle Borse nei prossimi sei mesi e disposti ad incrementare la quota di equity nei portafogli bilanciati. Alcuni, però, avvertono: non è ancora tempo di fare drastici cambiamenti, perché la strada per uscire dalla crisi è lunga.
Ue, occhi sulla Germania
I dati sulla crescita tedesca hanno deluso gli investitori. Il Prodotto interno lordo nel 2012 è cresciuto dello 0,7%, molto meno della media osservata a partire dal 1992 (1,3%). La ragione principale è il calo dei commerci internazionali, che si ripercuote negativamente sulle esportazioni. Con la frenata della principale economia dell’Eurozona, l’intera area è destinata ad avere una congiuntura debole, almeno nella prima parte del 2013. Dopo, dicono i gestori, la situazione dovrebbe migliorare. Nel breve, non escludono prese di beneficio, ma su un orizzonte semestrale, l’82,3% si attende un rialzo delle Borse del Vecchio continente, grazie anche all’abbondante liquidità immessa dalla Banca centrale europea (Bce) e alle valutazioni relativamente attraenti.
Italia, meno rischio politico
Rispetto a dicembre, i gestori mostrano meno preoccupazioni per la situazione politica. Monitorano l’evoluzione della campagna elettorale, ma sono convinti che il processo di riforme intrapreso dal governo Monti non si interromperà. La situazione congiunturale rimane depressa, ma, secondo alcuni, la recessione ha raggiunto il picco e c’è da attendersi un graduale miglioramento. Inoltre, la piazza milanese è stata molto penalizzata negli anni scorsi, ci sono quindi ampi margini di recupero.
Quasi il 65% degli intervistati stima un apprezzamento nei prossimi sei mesi, in aumento rispetto al 58% di dicembre.
Wall Street in ombra
Per i gestori, il listino statunitense è meno attraente di quelli europei. Il mercato azionario è sostenuto dalle politiche accomodanti della Federal Reserve e il “precipizio fiscale” (fiscal cliff) è stato evitato (ma il problema del debito non è ancora stato risolto); tuttavia le valutazioni dei titoli superano le proiezioni degli utili. Di conseguenza, la maggior parte degli intervistati prevede volatilità, con il 53% che si aspetta comunque un rialzo e il 35% oscillazioni attorno agli attuali livelli.
Sul fronte congiunturale, il mercato immobiliare mostra un trend positivo, con i prezzi che sembrano aver già raggiunto i minimi e i dati sul tempo di vendita delle nuove costruzioni che è sceso. I consumatori, si legge in una nota di M&G Investments, potrebbero essere vicini alla fine del processo di riduzione del debito e le banche hanno fatto progressi nel rimettere in sesto i bilanci. Ci sono quindi le condizioni perché riparta il mercato del credito.
Tokyo prova a correre
L’andamento dell’indice Nikkei rimane fortemente condizionato da quello dello yen. L’indebolimento della divisa nipponica, insieme alle attese per le riforme promesse dal nuovo governo, ha dato slancio al listino negli ultimi mesi e il trend potrebbe continuare. Quasi i due terzi dei gestori prevede un apprezzamento nei prossimi sei mesi (erano il 47% a dicembre), mentre il 35% si aspetta oscillazioni attorno agli attuali livelli. Le prossime misure della Bank of Japan per sostenere l’economia, non ancora presentate, generano incertezza.
I gestori restano in Asia
I mercati emergenti, in particolare l’area dell’Asia-Pacifico, hanno registrato forti guadagni a dicembre. In particolare sono salite le azioni cinesi, che erano state piuttosto sottotono nel corso del 2012, grazie ai dati congiunturali che hanno confermato l’espansione dell’economia, seppur a ritmi più moderati. Di conseguenza, i gestori continuano ad essere ottimisti sull’Estremo oriente, con il 70,6% che prevede un apprezzamento dei listini nei prossimi mesi.
Meglio stare in periferia
Nel segmento dei titoli governativi, i gestori preferiscono le emissioni dei paesi periferici, come l’Italia, a quelli core, come la Germania, perché hanno rendimenti più interessanti. Avvertono, però, che il rischio politico nell’Eurozona è in attenuazione, con conseguente riduzione degli spread (differenziali rispetto ai Bund tedeschi) per cui ci saranno correzioni nei corsi delle obbligazioni. Per il Belpaese, la Banca d’Italia stima una discesa sotto i 200 punti base. Alcuni fund manager, tra cui Swiss&Global, preferiscono il rischio di credito a quello di duration, ossia i corporate bond a quelli governativi.
Svalutazioni competitive
La Federal Reserve mantiene un atteggiamento di “svalutazione competitiva” del dollaro per sostenere l’economia ed è la principale determinante del rapporto di cambio tra la divisa americana ed europa. A favore di quest’ultima depone, invece, un ritorno della propensione per il rischio da parte degli investitori. I gestori continuano, comunque, a non esprimere una posizione comune su euro/dollaro, con il 41% degli intervistati che prevede un’oscillazione attorno agli attuali livelli.
Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra il 7 e il 14 gennaio, 17 delle principali società di gestione e intermediazione operanti sul territorio. Si tratta Aletti Gestielle, Allianz Global Investors Italy Sgr, Bnp Paribas Am Sgr, Carmignac Gestion, Convinctions AM, Eurizon Capital Sgr, Invest Banca, Investitori Sgr, La Française des Placements, M&G, Nemesis AM, Pioneer IM, SCM Sim, Swiss&Global AM Sgr, Threadneedle, Union Bancaire Privéee, VG.SA.
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