Il rally delle Borse continuerà dopo i massimi raggiunti in questi giorni? E’ la domanda che i gestori, interpellati da Morningstar nel consueto sondaggio mensile tra le principali società di gestione e intermediazione che operano in Italia, si pongono senza trovare una risposta univoca. La tentazione di prendere profitto è forte e, allo stesso tempo, si cercano conferme su vari fronti, politici ed economici.
Europa, a caccia di dati macro
Nel Vecchio continente gli investitori sono focalizzati sulla situazione macro e aspettano segnali di miglioramento, prima ancora che di crescita. Per il 2013 si prefigura ancora uno scenario recessivo con il Prodotto interno lordo dell’area in calo dello 0,5%, secondo le stime della Banca centrale europea, che nell’ultima riunione ha lasciato i tassi di riferimento invariati, pur discutendo di un possibile taglio. La locomotiva tedesca ha confermato il rallentamento con un calo del Pil dello 0,6% nel quarto trimestre 2012 rispetto ai tre mesi precedenti. La disoccupazione, inoltre, ha toccato un nuovo record all’11,9% a gennaio (dati Ocse). Per i prossimi sei mesi, il 64,3% dei gestori prevede un rialzo, seppure tra molta volatilità.
Italia, il peso dell’incertezza
Piazza affari fa i conti con l’incerto quadro politico. I gestori temono che la situazione non si sblocchi nel breve, generando molta volatilità. Il risultato delle elezioni fa supporre che qualsiasi coalizione per la formazione di un nuovo governo sarebbe comunque instabile. Inoltre, i consensi sono confluiti verso i partiti che si oppongono ai programmi di austerità. Le maggiori preoccupazioni riguardano il settore bancario, che è anche il più rappresentato nell’indice Ftse/Mib, perché è il più influenzato dall’andamento del differenziale (spread) tra i titoli di stato italiani e tedeschi. Per queste ragioni, la metà degli intervistati non si aspetta grandi variazioni dei listini rispetto ai livelli attuali.
Wall Street ringrazia la Fed
I gestori sono convinti che la Borsa americana sia supportata soprattutto dalla politica ultra-espansiva della Banca centrale. Inoltre, l’economia dà segnali positivi, in particolare sul fronte immobiliare e dell’occupazione. La fiducia sta tornando sulle azioni, come mostra il calo della volatilità. Resta l’incognita fiscale, dal momento che non è stato raggiunto un accordo per evitare i tagli alla spesa pubblica e quindi gli Stati Uniti sono entrati in una fase di austerità fiscale. Per il 71,4% degli intervistati Wall Street si apprezzerà nei prossimi sei mesi, contro il 7,2% di pessimisti.
Giappone fuori dalla recessione
Nel quarto trimestre 2012, il Sol Levante è uscito dalla recessione, con il Pil stabile rispetto ai tre mesi precedenti e in crescita dello 0,2% su base annualizzata. Nell’intero 2012, la crescita è stata del 2%, grazie ai lavori di ricostruzione dopo lo tsunami e la catastrofe nucleare del 2011 e all’aumento dei consumi delle famiglie. Gli investitori ora confidano nel nuovo corso della Banca centrale, più aggressivo nei confronti dell’economia, e nell’indebolimento dello yen.
Asia sempre preferita
I gestori continuano a essere ottimisti sull’area asiatica (il 71,4% prevede una crescita delle quotazioni), grazie in particolare alla Cina, dove si prevede una crescita del Pil compresa tra l’8 e l’8,5% nel 2013. Alcuni, tuttavia, mettono in guardia sulla sostenibilità dello sviluppo dell’ex celeste impero e sul livello complessivo di indebitamento, che ha superato il 200% del Pil. Quello privato, in percentuale del Pil supera del 12% il trend precedente ed è sopra i picchi massimi registrati negli Stati Uniti prima della crisi del credito.
Bond tra incudine e martello
Il ritorno degli investitori verso asset più rischiosi come le azioni, svantaggia i cosiddetti porti sicuri, tra cui i Treasury americani e i Bund tedeschi. Il mercato, tuttavia, studia attentamente la situazione italiana, dove il processo di riforme strutturali potrebbe subire un arresto. Minore peso viene dato agli indicatori congiunturali, se non per il fatto che l’inflazione in calo può aprire la strada a un nuovo taglio dei tassi da parte della Bce. I gestori ammettono che potrebbe esserci volatilità, anche se si mostrano rassicurati dalla politica di difesa dell’euro intrapresa dall’istituto di Francoforte.
Negli Stati Uniti, la Fed ha confermato la sua politica di espansione monetaria e àncora i rendimenti dei titoli governativi con gli acquisti programmati nell’ambito del Quantitative easing.
L’Italia pesa sull’euro
L’incertezza politica italiana ha pesato sull’euro, che dopo un inizio d’anno in rafforzamento rispetto al dollaro, ha ripiegato. I gestori ritengono poco probabile un apprezzamento accentuato nei prossimi sei mesi e la metà propende per un’oscillazione attorno agli attuali livelli. Alcuni indicano come range di variazione 1,25-1,35.
Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra il 5 e il 12 marzo, 14 delle principali società di gestione e intermediazione operanti sul territorio. Si tratta Aletti Gestielle, Bnp Paribas Am Sgr, Carmignac Gestion, Compass Asset management, Convictions AM, Eurizon Capital Sgr, InvestBanca, Investitori Sgr, M&G, Pioneer IM, Sella Gestioni, Swiss&Global AM Sgr, Union Bancaire Privéee, VG.SA.
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