Negli ultimi tre anni, i titoli di stato irlandesi hanno reso il 25% contro il 19% dei più sicuri Bund tedeschi. Chi l’avrebbe mai detto nel 2010, quando Dublino spaventava l’Europa per la voragine nei conti pubblici e la difficoltà a rifinanziare gli istituti di credito.
Le sorprese non finiscono qui. I governativi inglesi indicizzati all’inflazione hanno reso circa il 40% con una sovraperformance del 30% rispetto agli equivalenti italiani, i quali con il loro +6% non hanno difeso dall’incremento del caro-vita che nel triennio è stato del 9%. Come spiega Anthony Doyle del team del reddito fisso di M&G, i primi sono cresciuti nonostante il Regno Unito abbia perso la tripla A, il massimo del giudizio di affidabilità espresso dalle agenzie di rating; i secondi hanno risentito del peggioramento del quadro macro economico del Belpaese.
Quello che il passato non dice
Quale lezione per il futuro? Gli ultimi dati di Eurostat mostrano un’inflazione in aumento dell’1,2% (su base annua) ad aprile, livello inferiore alle aspettative (1,6%), principalmente dovuto alla diminuzione dei prezzi dell’energia. Il contesto congiunturale è stato dunque favorevole al taglio dei tassi allo 0,5% deciso dalla Banca centrale europea oggi (giovedì 2 maggio) per stimolare l’economia. Le variazioni dei saggi di riferimento sono uno dei fattori che influenzano l’andamento dei mercati obbligazionari, ma negli anni recenti sono passati in secondo piano rispetto al rischio di credito, che dipende dalla solvibilità degli emittenti.
Come dice Doyle, “con il senno di poi non si sbaglia mai”, ma le analisi del passato sono poco utili per fare previsioni su quale sarà l’andamento del mercato nei prossimi mesi o anni. Con il “chi l’avrebbe mai detto” si potrebbe andare avanti a lungo. Per esempio, la palma d’oro delle emissioni governative nel triennio è andata alle Filippine, con rendimenti degni di un portafoglio azionario (+64%), mentre nella periferia d’Europa i creditori della Grecia hanno perso circa il 40%.
Quale posto in portafoglio
Meglio dunque ragionare in termini di diversificazione. Un fondo obbligazionario inflation-linked può avere un ruolo di supporto di un portafoglio composto da titoli governativi, dal momento che questi ultimi sono sensibili alle variazioni dei tassi di interesse, che dipendono proprio dall’andamento dei prezzi. Un comparto specializzato in emissioni statali in euro può rappresentare una componente centrale, anche se la crisi del debito sovrano ha reso più complesso il mercato del Vecchio continente.
Un prodotto con focus sul reddito fisso emergente occupa un posto di nicchia, data la volatilità che caratterizza le aree in via di sviluppo, anche se i rendimenti medi annui dell’ultimo triennio sono stati superiori a quelli di Eurolandia e potrebbero indurre gli investitori a destinare una fetta maggiore di risparmi. Un discorso analogo vale per gli high yield, i titoli con minore qualità di credito, mentre i corporate bond possono giocare un ruolo centrale in un portafoglio bilanciato.
La diversificazione può essere anche valutaria. Un fondo in governativi in dollari può completare il portafoglio di un investitore europeo, uno in valuta locale dei paesi emergenti, invece, è molto di nicchia, per l’alto rischio intrinseco delle obbligazioni in cui investe. In questo caso, gli analisti di Morningstar invitano a prenderlo in considerazione solo se si è consapevoli delle sue caratteristiche e il patrimonio è ben bilanciato.
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