Gli anglosassoni lo chiamano market timing, espressione difficilmente traducibile che indica una strategia d’investimento attraverso la quale si cerca di comprare prima di un rialzo e di vendere prima di un ribasso. In pratica, di anticipare i movimenti di mercato. Detto così sembra una cosa piuttosto ovvia, d’altra parte nessuno compra con l’intenzione di perdere dei soldi. Eppure, il market timing è una strategia molto difficile e anche potenzialmente pericolosa, soprattutto se la si usa in un’ottica di breve periodo.
Arma a doppio taglio
“Anticipare i movimenti di mercato è difficilissimo e poi nel tentativo di evitare i giorni peggiori si perdono quasi sempre anche quelli migliori”, commenta Chris Menon, analista di Morningstar. Ci sono diverse strade per implementare questa strategia: la rotazione tra asset class (azioni, bond, liquidità, materie prime), quella tra settori economici, tra diversi stili (ad esempio passare da titoli value a titoli growth) oppure semplicemente tra singole azioni (probabilmente la strada più complessa). “La verità è che questa tecnica d’investimento è quasi impossibile da portare avanti costantemente con successo, in quanto oltre a decidere quando uscire dal mercato, si deve decidere anche quando entrare”.
A pensarla nello stesso modo c’è anche Jack Bogle, fondatore del gruppo Vanguard, considerato uno dei personaggi più importanti nel panorama finanziario mondiale, il quale ha affrontato spesso l’argomento, anche durante l’ultima Morningstar Investment Conference, tenutasi a Chicago a giugno. “Il market timing è impossibile. Anche se per caso si vende nel momento giusto, appena prima di un ribasso, cosa comunque abbastanza rara di per sé, come si può poi avere l'intuizione giusta che ti suggerisca il momento adatto per ricomprare?”. Insomma, azzeccarne una è già abbastanza raro, azzeccarne due è quasi impossibile.
“Dopo 50 anni in questo settore, non conosco nessuno che abbia fatto market timing con successo in modo costante”, ha proseguito Bogle. “In effetti, la mia impressione è che cercare di fare market timing non solo non aggiunga valore al portafoglio, ma anzi c’è una forte possibilità che sia alla fine controproducente”.
Questione di giorni
Un recente studio ha dimostrato che un investitore in possesso di un fondo azionario americano dal 1990 al 2005 avrebbe guadagnato l’11,5% annuo. Al contrario, l’investitore che avesse seguito una strategia market timing e che avesse perso solo i dieci migliori giorni di mercato sui 15 anni totali, avrebbe guadagnato l’8,1%. Ecco perché mancare anche solo qualche giorno dei rally che di solito avvengono senza preavviso dopo un crollo può avere ripercussioni importanti.
È la qualità che conta
In fin dei conti, la tecnica che si è da sempre rivelata più prolifica è comprare azioni o fondi azionari di qualità a buon prezzo e tenerli nel lungo periodo, strategia chiamata anche Buy and hold (compra e tieni). A confermalo c’è anche Philip Fisher, famosissimo investitore e autore del libro Common stocks and uncommon profits, il quale scriveva: “I movimenti di breve termine sono così intrinsecamente difficili da prevedere che credo sia impossibile ottenere con il gioco del dentro e fuori dal mercato gli stessi enormi profitti che il possessore di azioni di qualità può ottenere nel lungo periodo”.
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