Non si può parlare solo di Federal Reserve e della fine delle iniezioni di liquidità all’economia Usa. Anche la Banca centrale europea, dicono gli operatori, deve essere messa sotto il microscopio.
Il monitoraggio è necessario alla luce degli sviluppi che stanno interessando l’economia della regione. Dopo sei trimestri consecutivi di contrazione, infatti, si vedono segnali che vengono interpretati come il momento finale della crisi. L’indice dei direttori d’acquisto del settore manifatturiero, ad esempio, è salito a luglio a 50,3 al di sopra delle stime degli analisti (e oltre la soglia che separa la ripresa dalla frenata). A giugno l’indice aveva fatto segnare 48,8. Quel dato, calcolato da Markit, rappresentava il risultato migliore da due anni. Sia la produzione che i nuovi ordini hanno registrato aumenti ai tassi più veloci dalla metà del 2011, e questo grazie alle esportazioni che aumentano e ai mercati nazionali che hanno avuto valori più vicini alla stabilizzazione.
La situazione più difficile continua a essere quella del mercato del lavoro. Le stime sulla disoccupazione nell’Eurozona sono state confermate dalla Bce al livello del 12,3% per quest’anno (invariata rispetto a quanto previsto il trimestre scorso) mentre sono state aumentate per il 2014 al 12,4% della popolazione attiva contro il 12,2% previsto nel secondo trimestre. Il dato sui senza lavoro previsti nel 2015 è stato portato all’11,8% dal precedente 11,6%.
Fine della recessione?
“I numeri vanno letti dalla giusta prospettiva”, spiega uno studio firmato da Darren Williams, Senior european economist di AllianceBernestein. “Anche se la congiuntura uscirà dalla fase di recessione, la crescita sarà modesta e impiegherà molti trimestri prima di riacquistare il ritmo perso negli ultimi anni. Tuttavia, grazie a politiche fiscali meno aggressive e una riapertura dei crediti alle imprese e alle famiglie, la ripresa dovrebbe essere sostenibile. A questo punto è imperativo che la zona euro eviti qualsiasi shock che possa farne deragliare l’andamento”.
In un quadro come questo le scelte della Bce diventano fondamentali. Il presidente Mario Draghi ha detto che i tassi di interesse resteranno bassi finché sarà necessario e non ha escluso che ci possano essere ulteriori tagli. I pessimisti, intanto, fanno notare che gli spazi di manovra dell’Eurotower si stanno riducendo. Un elemento preoccupante è quella parte dei depositi della Banca centrale destinati a finanziare gli istituti della regione (i cosiddetti eccessi di riserve) che stanno raggiungendo velocemente il limite minimo (e definito “critico” dalla stessa Bce) dei 200 miliardi di dollari. Un peggioramento di questa situazione potrebbe mettere a rischio la capacità di reperire denaro delle banche europee facendo salire i tassi a cui gli istessi istituti di credito si prestano i soldi. “Secondo noi, tuttavia, queste preoccupazioni sono esagerate”, dice Williams. “La Bce ha detto chiaramente che non lascerà peggiorare la situazione e che non si arriverà a una stretta dei tassi di interesse”.
Le scelte operative
“Prima della fine del 2013 l’Europa dovrebbe uscire dalla recessione grazie a un rallentamento delle misure di austerità e allo scongelamento del credito”, recita uno studio firmato dagli strategist di Russell Investments. “Le valutazioni dell’azionario europeo sono interessanti rispetto alle altre aree del mondo e ci sono più possibilità di rialzo che nel mercato americano. La nostra previsione generale per l’equity europeo, quindi, è leggermente migliorato ed è passato da underweight (sottopesato) a neutral”.
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