Quanto si parla di costi dei fondi, l’Italia continua a fare brutte figure. A rivelarlo è una ricerca di Morningstar Danimarca che confronta le commissioni nei diversi paesi europei. Bocciato anche il Lussemburgo, dove risiede la fetta più grande del patrimonio gestito.
Dall’analisi emerge che i fondi comuni più economici sono quelli del nord Europa. Gli investitori norvegesi pagano delle spese correnti, cosiddette ongoing charge (voce che comprende tutti i costi, esclusi quelli di ingresso/uscita e performance), medie ponderate dello 0,72%, contro una media europea dell’1,08%. Nel complesso, il risparmio gestito nordico ha valori medi pari allo 0,98%, contro l’1,22% del Lussemburgo. La maglia nera, però, spetta al Belgio (1,53%), seguito dall’Italia (1,33%).
Doppia bocciatura
Le brutte notizie non finiscono qui. Nel Belpaese, gli analisti di Morningstar non hanno riscontrato nessun beneficio per gli investitori derivanti dalle economie di scala. In un contesto ideale, le spese correnti dovrebbero scendere all’aumentare del patrimonio in gestione, in quanto gli asset crescono più rapidamente dei costi. Lo studio è stato fatto prendendo in considerazione le dimensioni patrimoniali sia delle singole classi sia delle società di gestione (asset under management). In undici su quindici paesi esaminati, gli investitori traggono qualche beneficio dalle economie di scala, mentre in Italia “grande” non è sinonimo di efficienza, una tendenza che è tipica dei mercati concentrati nelle mani di pochi big. Nel Belpaese, l’87% del patrimonio fa capo ai primi dieci gruppi per asset in gestione.
Chi costa meno
Dove funzionano le economie di scala, la scelta di fondi di grandi dimensioni rispetto ai piccoli può comportare notevoli risparmi. La differenza media a livello europeo è del 20%. Gli analisti hanno, inoltre, riscontrato costi inferiori nei fondi passivi rispetto a quelli attivi, in particolare quelli domiciliati in Irlanda, Lussemburgo, Francia e Svezia.
Confrontando le due variabili, dimensioni della classe del fondo e del patrimonio gestito dalla società, emerge che la prima è più significativa in termini di risparmio per gli investitori. I paesi in cui entrambi i parametri giocano a favore dei sottoscrittori sono Austria, Francia, Lussemburgo e Spagna.
“Lo studio mostra che il domicilio fa la differenza quando si analizza il costo di un investimento”, spiega Nikolaj Holdt Mikkelsen, CFA, responsabile degli analisti di Morningstar Danimarca. “Se consideriamo un investimento di 100 mila euro e versamenti mensili di 500 euro per dieci anni, tenendo in considerazione solo le ongoing charge, abbiamo uno scarto di circa 9.500 euro in termini di crescita tra un investitore norvegese (il paese più economico) e uno belga (il più costoso)”.
L’analisi è stata svolta su 22.979 fondi (48.666 classi) europei, appartenenti a 21 paesi, per i quali erano disponibili i dati sulle spese correnti. E’ stata scelta questa voce, invece del Ter (Total expense ratio), in quanto previsto dalla regolamentazione come indicatore standard, che le società devono pubblicare sul Kiid (il documento informativo introdotto nel 2011).
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