Meno cari e più fedeli al benchmark. Ci sono almeno due motivi per preferire gli Etf settoriali a quelli geografici. Soprattutto se si vogliono impiegare i replicanti in maniera tattica. È quanto emerge da un’analisi di Morningstar sull’Estimated holding cost (Ehc, un indice sintetico che mira alla misura della performance di un Etf rispetto al suo benchmark, al netto di costi e ricavi). Il confronto fra le due tipologie di strumenti ha evidenziato che i replicanti settoriali, mediamente, presentano valori più vicini allo zero (livello di replica perfetta) di quelli geografici (clicca sulle tabelle in fondo).
L’analisi ha preso in considerazione le categorie settoriali più legate al ciclo economico e maggiormente rappresentate dai replicanti quotati in Borsa Italiana. In pratica sono quelle dedicate all’industria, ai beni e ai servizi di consumo e ai finanziari. I più fedeli sono gli industrial, seguiti da quelli sui consumi. I finanziari mostrano invece qualche incertezza. Ma, tra questi ultimi, sono solo quelli fisici a discostarsi e a superare l’indice sottostante (hanno infatti un valore pari a oltre -1).
Da qui si potrebbe dedurre che sia la tipologia di replica a fare qualche differenza. In realtà, gli analisti di Morningstar precisano che non ci sono sufficienti prove per sostenere questa tesi.
I vantaggi
Ma quali sono i vantaggi nell’affidarsi a questi settori in particolare? Gli Etf settoriali di solito sono indicati per prendere posizionamenti tattici all'interno di un portafoglio. L’investimento su un singolo comparto, pur presentando una maggiore componente di rischio (a causa della scarsa diversificazione), permette di cavalcare le opportunità che, in un determinato momento, uno specifico segmento può dare rispetto a un altro.
Attraverso la rotazione settoriale e le strategie long/short è possibile beneficiare di tutte le fasi del ciclo economico e ottimizzare il rapporto fra rischio e rendimento del portafoglio.
Le scelte operative
Ma per quanto riguarda queste tre particolari aree, secondo Jose Garcia Zarate, Passive Fund Analyst di Morningstar, la decisione di investire dipende fondamentalmente dall’opinione che l’investitore ha sulla ripresa economica. Gli outlook e le nostre analisi fanno pensare che una ripresa ci sarà. Ma gli investitori non sembrano esserne molto convinti. Per esempio, dice Garcia Zarate “i consumer good sono sottovalutati in Europa perché la domanda interna, soprattutto nel Sud della regione, è crollata. Da questo punto di vista, sarebbe il momento giusto per comprare. Ma il problema è che le valutazioni possono rimanere basse a lungo proprio per la mancanza di fiducia circa la ripresa dei consumi domestici. Al contrario, gli industrial stanno facendo bene già da tempo. Soprattutto quelli che hanno una strategia orientata all’export, perché sono meno dipendenti dalla domanda europea”.
Diverso è il discorso per il comparto bancario: il sentiment degli analisti di Morningstar è positivo. La ragione è che gli istituti europei hanno già fatto pulizia nei loro bilanci e il rischio di fallimenti è diminuito. I grandi investitori, quindi, sono già tornati sul settore.
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