Punti chiave
-Solo il 18% dei lavoratori con meno di 35 anni è iscritto a una forma complementare.
-Meno del 12% degli occupati conosce i benefici in termini di tassazione.
-I fondi ad adesione collettiva permettono di avere il contributo del datore di lavoro.
Pensione? Sono giovane, ci penserò poi. Sono precario, non posso permettermela. La farò quando guadagnerò di più. La lista di giustificazioni potrebbe continuare, ma è un dato di fatto che le nuove generazioni sono poco rappresentate tra gli aderenti alla previdenza complementare.
Secondo un’indagine condotta da Covip e Censis, le principali preoccupazioni dei giovani sotto i 34 anni sono di “perdere il lavoro e rimanere senza contribuzione” e di “avere una fase di precarietà con una contribuzione troppo intermittente” (67% del totale). Di fatto, solo il 18% dei lavoratori con meno di 35 anni è iscritto a una forma complementare, percentuale che sale al 24,7% per la fascia 35-44 anni (Relazione annuale 2012 della Covip).
Voragine informativa
Il sondaggio mostra anche che i giovani si attendono una pensione pubblica bassa, pari a poco più della metà del reddito, tuttavia non considerano il secondo pilastro come un completamento dell’assegno pubblico, principalmente perché ne sanno molto poco o nulla. La “voragine informativa” è trasversale alle diverse fasce di età: meno del 12% dei lavoratori conosce i benefici fiscali e appena il 35,8% sa come sono rivalutati i contributi.
Le nuove generazioni, inoltre, hanno scarsa consapevolezza dei rischi che corrono nel ritardare l’adesione a una forma di previdenza complementare. Infatti, con il metodo contributivo, spostando avanti nel tempo l’ingresso, si verseranno minori contributi e quindi si avrà un minor montante disponibile e minori contributi versati dal datore di lavoro. Anche i rendimenti possono essere penalizzati dal momento che sono legati al tempo di permanenza. Infine, prima si aderisce e più basse saranno le imposte che si pagheranno quando si percepirà la prestazione. Per i contributi versati dal 2007, l’aliquota è del 15% e si riduce fino al 9% per permanenze superiori ai 15 anni.
Fisco (quasi) amico
Il trattamento fiscale è poco conosciuto, ma è uno dei fattori più vantaggiosi della previdenza complementare. Nella fase contribuzione, si possono dedurre dal reddito complessivo i versamenti fino a 5.164,57 euro ogni anno. I rendimenti sono tassati all’11%, rispetto al 20% dell’imposta sui guadagni realizzati con altri strumenti finanziari (con l’eccezione dei titoli di Stato, che hanno un’aliquota del 12,5%). Le stesse agevolazioni fiscali applicate sui contributi versati valgono per il Tfr (Trattamento di fine rapporto) devoluto alla previdenza complementare, mentre se lasciato in azienda è soggetto ai regimi di imposizione dei periodi in cui è stato accantonato.
Chi ben inizia
Per un neo lavoratore dipendente, il primo contatto con il mondo della previdenza complementare avviene al momento dell’assunzione. Chi è assunto nel settore privato, deve decidere cosa fare del Tfr entro sei mesi. Le opzioni sono tre: destinarlo a una forma integrativa, lasciarlo in azienda e decidere in un secondo momento se spostarlo, non effettuare alcuna scelta (il Tfr finisce nel fondo pensione previsto dal contratto di lavoro).
Se il lavoratore opta per un fondo negoziale o aperto ad adesione collettiva, può usufruire del contributo dell’azienda, che invece non è possibile in caso di sottoscrizione individuale a un fondo pensione aperto o a un Pip (Piano individuale pensionistico).
Linea prudente
Un passaggio importante è la scelta della linea di investimento. Teoricamente, i giovani dovrebbero indirizzarsi verso le strategie più aggressive (con una maggior componente azionaria), dato che hanno un periodo di versamenti più lungo e le statistiche mostrano che l’equity rende di più su orizzonti temporali molto lunghi. Tuttavia, l’analisi sugli iscritti ad alcuni fondi negoziali (come Telemaco e Fonchim) e aperti, tra cui Seconda Pensione di Amundi Sgr, mostra una preferenza delle nuove generazioni per i comparti più prudenti, che può trovare una giustificazione nell’insicurezza e spesso precarietà del lavoro e nell’esigenza di smobilizzo per l’acquisto della casa (dopo otto anni è possibile chiedere il 75% della posizione accumulata per comprare o ristrutturare la prima casa).
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.