La locomotiva Usa si sta scaldando

I dati macro della prima economia del mondo, dicono gli operatori, non sono entusiasmanti, ma non mancano gli spunti positivi. Qualche problema potrebbe arrivare dai bilanci di chi lavora con gli emerging. 

Marco Caprotti 06/03/2014 | 11:15
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La tenuta americana non preoccupa gli operatori. L’indice Msci Usa nell’ultimo mese (fino al 28 febbraio e calcolato in euro) ha guadagnato il 3,5%. E non importa se i dati congiunturali che stanno arrivando dalla prima economia del mondo non sono rassicuranti. Il fatto che la Federal Reserve sia partita con il tapering (la riduzione delle iniezioni di liquidità) è comunque interpretato come un segnale di solidità della prima economia del mondo.

L’ultima fotografia del Pil, scattata dal Dipartimento del commercio statunitense, mostra un dato che, per il quarto trimestre, si attesta al 2,4%, in calo di oltre un punto e mezzo dal precedente e in discesa rispetto alla prima lettura che indicava una crescita del 3,2%. “La revisione al ribasso non è stata una sorpresa per gli operatori”, spiega Robert Johnson, responsabile dell’analisi economica di Morningstar. “Gli investitori hanno deciso di vederne l’aspetto positivo: i tassi di interesse, a questo punto, potrebbero rimanere bassi ancora per un po’ di tempo”.

Tutta colpa del tempo?
L’attenzione ora si sposta su quelli che potrebbero essere i dati dei primi tre mesi dell’anno. La partenza non è stata delle migliori. A gennaio, ad esempio, il mercato immobiliare ha subìto i rigori del clima americano. Tra gli indici di sentiment, il Philadelphia Fed è calato oltre le attese, a -6,3 a febbraio da 9,4 di gennaio, anche in questo caso a causa del clima, che ha particolarmente colpito la zona orientale. Negativi anche l’indice di attività della Fed di Chicago e di quella di Richmond. La fiducia dei consumatori, infine, è tornata indietro di oltre un punto, ritracciando in buona parte il balzo precedente.

Le vendite al dettaglio di gennaio hanno deluso le attese. Le condizioni meteorologiche hanno pesato anche sulla produzione industriale di gennaio, in calo dello 0,3% rispetto a dicembre. Il report sul mercato del lavoro di gennaio ha mostrato la creazione di 113 mila posti (consensus 185 mila) e una revisione positiva dei due mesi precedenti di 34 mila unità. Il tasso di disoccupazione è comunque sceso di un decimo di punto al 6,6%.

“Il clima probabilmente condizionerà i dati finali relativi all’andamento americano del primo trimestre”, dice Johnson. “I cali dei mesi invernali, comunque, dovrebbero essere riassorbiti velocemente con il miglioramento della situazione meteo. La nostra previsione per quanto riguarda l’intero 2014 continua a essere di una crescita compresa fra il 2% e il 2,5%. Niente andamenti a razzo, quindi. Piuttosto, un passo lento e rassicurante”.

Occhio al dollaro
L’elemento che dovrebbe far nascere qualche preoccupazione è quello dei bilanci aziendali. “Il rafforzamento del dollaro inizia a farsi sentire”, dice l’economista di Morningstar. “Per il momento gli effetti si avvertono quando i guadagni realizzati all’estero dalle grandi aziende Usa vengono trasformati in valuta americana. Con l’andare del tempo, tuttavia, bisognerà fare i conti anche con la perdita della competitività in termini di prezzi dei beni statunitensi rispetto a quelli di altri paesi”. Dal punto di vista operativo bisogna fare attenzione a quelle aziende che hanno interessi in alcuni mercati emergenti che in questo momento stanno attraversando crisi profonde e dove la valuta locale è particolarmente debole. In questo senso i titoli da tenere d’occhio sono quelli di Johnson&Johnson, Procter&Gamble, Microsoft e DuPOnt

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Titoli citati nell'articolo

Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Johnson & Johnson144,47 USD0,62Rating
Microsoft Corp436,60 USD-0,10Rating
Procter & Gamble Co168,06 USD-0,67Rating

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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