Investitori nemici di se stessi

I flussi dimostrano come le persone si muovano seguendo l’onda del momento, e lasciandosi guidare da paura ed euforia. Ecco come ridurre le cosiddette distorsioni cognitive.

Valerio Baselli 19/03/2014 | 10:07
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Benjamin Graham, padre del value investing, affermava che il maggior problema nonché il peggior nemico di ogni investitore è se stesso. “È assolutamente vero”, afferma Paolo Legrenzi, professore emerito dell’Università Ca’ Foscari, psicologo cognitivista ed esperto di finanza comportamentale del centro studi Swiss & Global. “Non a caso le ricerche dimostrano che solo un’esigua minoranza di persone, che decide gli investimenti di testa sua, fa meglio della media dei mercati. E tuttavia il nemico peggiore di noi stessi è la nostra paura che ci fa concentrare gli investimenti in quello che conosciamo meglio ed è più facile da capire: il nostro paese e gli immobili in esso edificati.  La mancata diversificazione è la fonte di molti disastri nelle nostre vite e non solo nel campo dei risparmi”.

Allaragare gli orizzonti
Allargare gli orizzonti, insomma, è il primo passo per poter gestire al meglio le nostre finanze, e non solo. Ma nel concreto, quali sono le strategie da seguire? “Se un investitore decide di testa sua può in sostanza scegliere tra due strategie”, prosegue il professor Legrenzi. “La prima è entrare nei mercati quando il rapporto prezzo-utili è sotto la media storica e uscirne quando è sopra. La seconda è entrare nei mercati sulla base di quello che è successo nel periodo appena precedente: la scorsa settimana, lo scorso mese o l’ultimo anno. La prima strada non richiede grandi doti o informazioni molto complesse, eppure, nei fatti, i più scelgono la seconda”.

Il punto debole di questa scelta è che per forza di cose si cerca di capire il sentiment del mercato e, in base alle proprie convinzioni, si prendono le decisioni d’investimento. Ciò porta a molti inconvenienti ed errori.

Paura, ritardo, euforia: i nostri peggiori nemici
Una volta che il risparmiatore ha adottato la seconda strategia, spiega Legrenzi, tende a imboccare dei tunnel cognitivi che producono effetti negativi, anche se in momenti diversi. I principali sono tre.

- Paura: questo effetto deriva dal fatto che quando l’onda scende, e scende rapidamente, l’investitore prova prima paura, poi ansia e, se è lasciato solo, senza il parafulmine del consulente, può uscire dal mercato in forte perdita, pur di mettere fine a questa situazione.

- Ritardo: quando siamo tra una discesa e una salita l’investitore, se solo, è incerto. Che cosa succederà al mercato, scenderà ancora, si fermerà? Salirà? Nel dubbio aspetta, e così la sua incertezza lo frena e decide in ritardo, perdendosi buona parte dell’onda in salita o uscendo a discesa inoltrata.

- Euforia: quando il mercato è molto alto, in prossimità della bolla, l’euforia dell’investitore può corrispondere al sentiment euforico del mercato. E così si compra a prezzi molto alti.

Flussi in costante ritardo
Che queste distorsioni non siano solo teoriche, si vede chiaramente dal grafico sottostante: gli investitori europei sono quasi sempre stati in ritardo rispetto al mercato. I flussi in entrata hanno cioè seguito momenti di rialzo e quelli in uscita momenti di ribasso, entrando sui massimi e uscendo sui minimi.

Il grafico mette in relazione i flussi di cassa netti dei fondi della categoria Morningstar Azionari Eurozona large cap con la performance dello stesso mercato negli ultimi sette anni (gennaio 2007 – dicembre 2013).

 

Dati in euro.
Fonte: Morningstar Direct

Scudo consulenza
Ansia, incertezza e inerzia sono, per così dire, fulmini per cui la relazione con un buon consulente o esperto agisce come parafulmine. “Sono innescati da quello che si vede nel mercato, o meglio si crede di percepire in quel preciso movimento. Ovviamente il mercato non ha paura né euforia: è semplicemente il risultato degli scambi di tutti gli investitori, molti dei quali soggetti a queste distorsioni”, prosegue il professore.

Arginare queste tendenze è possibile, anche se non scontato. “Il modo più difficile e impegnativo consiste nel capire come siamo fatti, studiando e prevenendo gli effetti della finanza comportamentale”, commenta Legrenzi, “ma è faticoso e, alla fin fine, si traduce nel fare ciò che farebbe un esperto, cioè avere un mix di azioni e obbligazioni corrispondenti al proprio livello di rischio e aspettare. La strategia più semplice è quindi affidarsi a un buon consulente, ma è la meno praticata”. Attenzione però, non si può delegare in tutto e per tutto; anche solo per scegliere un buon advisor bisogna studiare e capire alcune cose (clicca qui per leggere i sei passi da fare per scegliere il proprio consulente). 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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