Il mercato obbligazionario sembra aver trovato pace, ma le prossime minacce potrebbero arrivare da Cina e Ucraina. La possibilità che la crescita globale risenta delle difficoltà del Dragone nella sua transizione verso un’economia centrata sui consumi e che la crisi in Crimea possa contagiare altri paesi dell’ex Unione Sovietica potrebbe spingere gli investitori a richiedere un premio al rischio più elevato. Nell’ultimo Outlook sul credito, gli analisti di Morningstar ipotizzano, quindi, una crescita del differenziale tra i corporate bond e i titoli di stato Usa (calcolato come spread tra il Morningstar Corporate bond Index, che è un indice composto dalle emissioni societarie superiori ai 500 milioni di dollari, e i Treasury bond americani), nonostante la Federal Reserve abbia già avviato un piano di uscita dal Quantitative easing e abbia fatto intendere che a breve il costo del denaro tornerà a salire.
Cina, occhio alla crisi finanziaria
I dati macro indicano come la situazione di Pechino non sia delle migliori: il dato sulle esportazioni di febbraio ha mostrato un calo del 18% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nei primi due mesi del 2014, gli investimenti in capitale fisso (che misurano la spesa di un paese in infrastrutture) sono saliti del 17,9% registrando il dato peggiore dal 2002 a questa parte. La produzione industriale a gennaio ha fatto segnare il progresso più basso dall’aprile del 2009 e anche l’ultimo aggiornamento sulla crescita delle vendite è stato il più deludente degli ultimi due anni.
Il governo di Pechino non ha ancora rivisto la stima sulla crescita del Pil per il 2014, pari al 7,5%, ma sta cercando di imitare la Federal Reserve spostando l’attenzione degli analisti sull’obiettivo dell’occupazione. I mal di pancia del Dragone, comunque, non riguardano solamente la crescita economica. La situazione debitoria del paese è altrettanto preoccupante. Il Primo ministro cinese, Li Keqiang, è impegnato nel delicato compito di valutare caso per caso lo stress finanziario delle imprese, permettendo il fallimento di quelle di piccole e medie dimensioni, ma evitando che il default dei grandi gruppi bancari inneschi una nuova crisi finanziaria.
Buone notizie per il settore finanziario
Eventi di questo tipo rischiano di avere ripercussioni sul mercato obbligazionario facendo salire il premio al rischio per chi investe in corporate bond del settore bancario e di conseguenza allargando lo spread tra questi ultimi e gli equivalenti del comparto industriale. I nostri analisti non prevedono che questo differenziale possa tornare sui massimi raggiunti all’indomani del crack di Lehman Brothers, ma il salto dall’attuale livello, pari a nove punti base, sarebbe significativo. La crisi finanziaria ha pesato gravemente sui conti degli istituti bancari e delle compagnie assicurative. Le forti ripercussioni sull’economia reale e la politica monetaria espansiva della Federal Reserve hanno per anni frenato la crescita dei ricavi, ma da allora le società finanziarie hanno provveduto a ripulire i loro bilanci, con il risultato di migliorare la qualità del credito. Hanno poi beneficiato del forte rally dei mercati azionari che ha aumentato le valutazioni delle attività in portafoglio. Le prospettive di lungo periodo indicano un graduale ma progressivo innalzamento del costo del denaro da parte della Fed nei prossimi due anni e questo si tradurrà per le società operanti sul mercato americano in un significativo aumento dei margini di profitto.
Pharma e consumi, corsa al dividendo
La riforma sanitaria Usa, la scadenza dei brevetti su un elevato numero di farmaci, nonché alcuni pesanti insuccessi nelle operazioni di M&A (fusione e acquisizione), hanno costretto molte società del settore healthcare a operazioni straordinarie per cercare di compensare gli azionisti in assenza di un rendimento diretto delle azioni a causa dei bassi tassi di crescita. Per questo le società hanno provveduto ad impiegare i loro ingenti flussi di cassa nell’aumento dei dividendi e nel riacquisto di azioni proprie. Politiche, queste, che accrescono il valore per gli azionisti ma che alla lunga potrebbero pesare sul profilo creditizio di quelle società con fondamentali più deboli.
Nonostante le nostre tiepide aspettative sull’andamento futuro delle vendite al dettaglio, molti manager di società attive nel settore consumi si dicono ottimisti sulle aspettative per gli utili futuri e promettono di remunerare gli azionisti con dividendi più ricchi ricorrendo anche a nuove emissioni di debito. In altri casi, invece, la debole crescita dei ricavi ha fatto optare per le operazioni di M&A. Scelte di questo tipo, dicono i nostri analisti, intaccano le disponibilità di cassa delle aziende e aumentano il loro indebitamento, con il risultato di danneggiare la solvibilità finanziaria.
Margini bassi per le energetiche
Sono sotto osservazione anche i titoli del settore energetico. Il costo dell’elettricità continuerà a mantenersi basso anche nei prossimi anni in scia dell’andamento dei prezzi del gas naturale e del carbone. Nel primo caso il mercato vede un forte sbilanciamento sul lato dell’offerta in seguito al calo dell’attività commerciale e del surriscaldamento del clima, mentre le stringenti normative sul contenimento delle emissioni di gas serra continueranno a limitare la domanda del minerale fossile spingendo verso il basso le sue quotazioni. Per queste ragioni i produttori di elettricità potrebbero assistere a una compressione dei margini di profitto e della liquidità che si ripercuoterebbe in modo diretto sul loro merito creditizio.
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