Convertibili, la taglia diventa XL

In tre anni, questi fondi hanno duplicato il patrimonio in gestione. Negli ultimi 12 mesi hanno raccolto più di 5,5 miliardi di euro. Potrebbe essere uno dei trend caldi per il 2014.  

Valerio Baselli 17/04/2014 | 10:16
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Le obbligazioni convertibili stanno vivendo una nuova primavera. A dirlo sono i numeri. Negli ultimi sei mesi sono stati lanciati in Italia 25 nuovi comparti dedicati a questo specifico settore (considerando tutte le classi), prova del fatto che l’interesse verso questo particolare tipo d’investimento è sempre più acceso.

La loro natura ibrida ben si adatta alla attuali condizioni di mercato. Con la prospettiva di tassi di interesse ancora bassi per lungo tempo e di mercati azionari più volatili, le obbligazioni convertibili potrebbero rappresentare una buona opzione per il futuro a medio termine. Grazie all’offerta vivace e alla domanda crescente in questo mercato, i gestori dovranno probabilmente adattarsi ai nuovi flussi (5,5 miliardi di euro di raccolta netta da luglio 2013 a gennaio 2014) e puntare a una maggiore liquidità di portafoglio.

Flussi netti di raccolta nei fondi Obbligazionari Convertibili venduti in Italia negli ultimi tre anni.


Cosa sono
Cosa differenzia questo tipo di bond da quelli tradizionali? Le obbligazioni convertibili garantiscono un tasso di interesse come qualsiasi bond, ma sono caratterizzate  dalla clausola della convertibilità, cioè l’opzione accordata ai portatori di potere, in periodi e con modalità predeterminati, operare una scelta tra l’originaria posizione di creditori e quella di titolari di partecipazione al capitale di rischio. Possono, cioè, trasformare l’obbligazione in un tot di azioni, a fronte di una cedola più bassa se confrontata con un bond classico di pari affidabilità e durata.

Il vantaggio consiste nel fatto che, in caso di buon andamento delle azioni, l'esercizio dell'opzione di conversione permette un rendimento maggiore del bond, mentre in caso di andamento negativo delle azioni dell'emittente rimane garantito il rendimento base, costituito dal riscatto del capitale a scadenza e dei relativi interessi. In altre parole si tratta di uno strumento che ha un rendimento garantito relativamente basso che cresce in caso di positivo andamento del titolo a cui fa riferimento.

Una duplice natura
I fondi convertibili sono quindi un asset difensivo? Dipende. Possono rappresentare un via difensiva per entrare nel mercato azionario oppure un approccio rischioso al mondo obbligazionario. Rispunta quindi la duplice natura di questo strumento. Ufficialmente sono titoli difensivi, ma non bisogna confonderli con gli strumenti monetari. La situazione ideale per investire in obbligazioni convertibili è quando si ha poca visibilità sulle azioni. Quando il prezzo dell’equity sottostante sale e si avvicina al livello di conversione, le azioni convertibili sono più sensibili e quando tali valori si allontanano dal livello di conversione, le obbligazioni mitigano il rialzo e frenano il ribasso.

I fondi dedicati a questi strumenti offrono da un lato partecipazione nei potenziali balzi del mercato azionario, e dall’altro lato la tipica protezione del reddito fisso in periodi di incertezza. Rientrano comunque nella categoria degli obbligazionari (prevedono cedole e hanno una scadenza), pertanto, i maggiori rischi riguardano le fluttuazioni del tasso d’interesse e il rischio di bancarotta della controparte. Ma questo particolare tipo di fondi presenta un profilo di rendimento asimmetrico. Alain Eckmann e Ulrich Sperl, responsabili delle strategie sui convertibili per UBS Global Asset Management, a questo proposito, stimano a 2/3 la partecipazione media dei convertibili nei rialzi del mercato e a 1/3 ai ribassi (ciò significa che se il mercato sale di 100 i fondi convertibili guadagnano in media di 66. Se il mercato invece scende di 100, i fondi convertibili perdono in media 33).

Un altro rischio a cui sono esposti gli investitori in obbligazioni convertibili è quello di cambio. Qui la scelta è soggettiva. L’elemento valutario può essere fonte di performance o di diversificazione. Alcuni manager gestiscono attivamente la posizione di cambio, altri si coprono totalmente contro la moneta.  

Asset in crescita costante
I rischi legati a questi comparti sono sempre stati legati alla scarsa dimensione del mercato, il che si ripercuote a sua volta sulla liquidità. Perciò, una delle evoluzioni più importanti rigurda proprio gli asset under management, in crescita da tre anni, ma che hanno vissuto un vero proprio boom nel 2013 (e anche nel primo mese del 2014). Questo rimbalzo è certamente dovuto in parte ai flussi in entrata, ma anche alle ottime performance registrate nell’ultimo anno (9,2% il rendimento medio di categoria a un anno; dati in euro all’8 aprile 2014).

Questo articolo è stato pubblicato su Funds People Italia di aprile.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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