“Prudente: chi crede al 10% di ciò che sente, a un quarto di ciò che legge e alla metà di ciò che vede”. La definizione, contenuta nel Dizionario del Diavolo dello scrittore americano Ambrose Bierce dovrebbe essere il mantra di ogni risparmiatore e piccolo investitore. Due figure che, nel corso della loro carriera, possono sempre incontrare un truffatore. Colui cioè che, secondo la definizione del codice penale italiano, “con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.
Un’eventualità che è meno remota di quello che possono far sembrare i numeri. Secondo i dati elaborati dal Financial Fraud Research Center (Frc), un'associazione che si occupa di studiare il fenomeno delle truffe a livello globale, circa il 10% della popolazione mondiale almeno una volta nella vita è vittima di una frode. I numeri, ammette però l’Frc, sono decisamente incompleti. Le informazioni, infatti, sono raccolte attraverso le diverse Autority che nei vari stati si occupano di frodi e le metodologie di analisi sono diverse a seconda dei paesi. L’esperienza scientifica, inoltre, dimostra che, mediamente, solo il 30-35% delle vittime di una truffa, presenta poi denuncia.
Chi è il truffatore
Ma come si fa a indentificare un personaggio o un prodotto sospetti? Non è facile. Il truffatore di solito riesce a ottenere che la vittima si danneggi da sola, assuma un’obbligazione, rinunzi a un suo diritto. Per dirla con linguaggio giuridico “compia un atto di disposizione che è pregiudizievole per il suo patrimonio e vantaggioso per il truffatore”. Il reato, poi, è una delle figure criminose più complesse perché comporta un enorme numero di fatti che presentano fra di loro delle diversità. In questo, gioca un ruolo fondamentale la fantasia del criminale che, spesso, è dotato di buona intelligenza e contribuisce a intricare la materia. Si tratta poi di delinquenti abituali che hanno diversi sistemi per compiere i reati. “Quando una persona propone quello che sembra un buon affare, bisogna far prevalere il buon senso”, spiega uno studio della società di consulenza Advice IQ. “Se l’operazione promette rendimenti troppo alti rispetto alla media di mercato è bene farsi venire dei dubbi”.
Le domande da fare…
E conviene fare le domande giuste. Ad esempio, nel caso di polizze assicurative è bene farsi dire: quali sono i costi che si pagano all'ingresso e al riscatto; quanto viene girato alla banca; qual è il rendimento netto della gestione separata utilizzata dalla polizza; il costo medio annuo della polizza sia a cinque anni sia a 15 anni.
Nel caso di fondi comuni bisogna sapere: qual è la categoria di appartenenza e la politica di investimento adottata; qual è il grado di rischio del prodotto e l’orizzonte temporale dell’investimento; quali sono i costi se ci sono, le commissioni di ingresso e di uscita (tutte informazioni, peraltro, verificabili sul sito morningstar.it).
Per quanto riguarda le obbligazioni subordinate, nell’ipotesi di insolvenza, bisogna sapere quante categorie di creditori saranno soddisfatte prima e se ci sono altri casi in cui si potrebbe perdere cedole o capitale. Infine, se ci sono alternative al bond subordinato che viene proposto.
…e da farsi
In generale, comunque, bisogna sempre verificare che il promotore finanziario sia regolarmente iscritto nell’apposito albo. Al momento dei pagamenti, meglio consegnare assegni bancari intestati esclusivamente alla banca per cui lavora il promotore muniti di clausola di non trasferibilità (lo stesso vale per gli ordini di bonifico e documenti simili che devono sempre avere quale beneficiario la banca). Non fidarsi di eventuali estratti conto cartacei consegnati dal promotore, ma fare riferimento esclusivamente a quelli ufficiali inviati dalla banca. Tenere presente che, per legge, il promotore non può utilizzare i codici di accesso telematico ai rapporti del cliente con l’istituto di credito.
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