“Sentiamo una grande responsabilità”. Così ha esordito il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, intervenuto alla presentazione della relazione annuale della Covip, la Commissione di vigilanza dei fondi pensione, avvenuta a Roma lo scorso 28 maggio. “Parliamo di un fenomeno di grande rilevanza, che non si limita alla previdenza, ma all’intero sistema di Welfare”. Secondo il ministro, insomma, è ormai imprescindibile che i cittadini siano attivi nel costruirsi una copertura pensionistica e sanitaria ma, allo stesso tempo, le autorità hanno il dovere di creare i presupposti per un ambiente che possa incentivare iscrizioni e contributi. “Altrimenti, il rischio, è che si ritorni seriamente a parlare di obbligatorietà di adesione”.
Subito prima dell’intervento di Poletti, il presidente Covip, Rino Tarelli, aveva appena finito di snocciolare una serie di numeri che, nonostante le buone performance dell’anno scorso, in sostanza certificano che il mercato della previdenza integrativa in Italia è fermo. A fine 2013, i lavoratori aderenti al secondo pilastro sono circa 6,3 milioni, e il patrimonio gestito ammonta a 116,4 miliardi di euro, pari al 7,5% del Pil. L’anno passato, sono stati raccolti 12,5 miliardi, di cui 5,2 provenienti dai flussi Tfr. Si conferma poi il fenomeno degli “iscritti silenti”: nel 2013 circa 1,4 milioni di aderenti hanno sospeso la contribuzione.
Oggi, in Italia, solo un lavoratore su quattro aderisce a una qualche forma di previdenza integrativa. Il problema riguarda soprattutto i lavoratori autonomi, i dipendenti pubblici, le donne, i giovani e le regioni meridionali. Insomma, serve una svolta. Le tematiche principali su cui si dovrà lavorare sono quattro.
Trattamento fiscale
Il punto da cui partire è che il risparmio previdenziale non può essere equiparato (e quindi trattato) come un risparmio gestito per altri fini. Su questo, sia Tarelli che Poletti sono d’accordo. Inoltre, è stata sottolineata la necessità di regole chiare e precise, che possano essere garantite nel lungo periodo. Occorre però capire quale proposta concreta uscirà dal consiglio dei ministri nei prossimi giorni.
Flessibilità in uscita
Il ministro ha poi voluto sottolineare che forse sarebbe opportuno rendere più flessibili i patrimoni dei fondi pensioni, che gli iscritti potrebbero usare anche in situazioni di difficoltà, senza che questo li trasformi in un ammortizzatore sociale.
Investimenti nell’economia reale italiana
Il presupposto è che i gestori devono essere liberi e indipendenti nelle proprie scelte. Ma se solo il 2% dell’intero patrimonio in gestione viene investito in aziende italiane, forse, c’è qualcosa che non va. “Dobbiamo trovare una via di mezzo, una soluzione che lasci autonomia ai gestori e che permetta a questi asset di essere una risorsa importante per il paese”, ha auspicato Poletti. “Su questo campo, i contatti sono già ben avviati e soddisfacenti”.
Nuova vigilanza
È da diverse settimane che si parla della possibile incorporazione della Covip in Banca d’Italia, in modo da creare un solo organo di vigilanza. “Il governo sta attuando una politica generale di razionalizzazione e di semplificazione, ma niente è ancora stato deciso”, ha dichiarato il ministro Poletti. “Si devono coniugare razionalizzazione e specializzazione. Siamo pronti a discutere con le parti e ogni scelta, verrà motivata”.
D’altra parte, anche il presidente Covip abbraccia questa scelta. “È necessario ragionare su un più ampio modello di welfare, che parta da una visione unitaria dei temi della previdenza e dell’assistenza sanitaria integrativa, al fine di rispondere al nuovo modello socio-economico. In tale ambito, sarebbe auspicabile un’unica autorità di vigilanza”.
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