Non solo drammi umani e fallimenti aziendali. Sono più di 300 le piccole e medie imprese che, in mezzo alla crisi, sono riuscite a crescere a un ritmo tre volte superiore alla media (+10% contro +3%), che hanno raddoppiato il reddito operativo negli ultimi cinque anni (+19% medio rispetto al 3% generale) e che hanno migliorato la solidità finanziaria. Per farcela hanno seguito due strade: l’apertura ai mercati internazionali e l’investimento nell’innovazione digitale. Senza tralasciare la qualità.
A dirlo è l’Osservatorio Pmi 2014, un’indagine che la società di consulenza Global Strategy ha condotto sulle oltre 40mila imprese italiane manifatturiere e di servizi che compongono il tessuto economico e industriale italiano. Di queste, circa otto mila nel 2012 hanno registrato un fatturato tra i 20 e i 250 milioni di euro, ma solo 327 sono state capaci di ampliare il gap di performance rispetto ai principali indicatori finanziari e patrimoniali (rapporto Posizione finanziaria netta/Ebitda: 0,4% contro il 2,6% del resto delle Pmi nel 2012 e un ritorno sugli investimenti nel 2012 pari al 12,1%).
“Il successo nasce dall’aver puntato su tecnologie innovative e internazionalizzazione dei processi, grazie alla flessibilità degli imprenditori nel riadattare le strategie operative per raggiungere gli obiettivi”, spiega Antonella Negri-Clementi, presidente e Ceo di Global Strategy. Dal report emerge però come il Dna di queste imprese sia rimasto immutato: sono aziende che operano soprattutto in settori maturi (oltre il 30% appartiene alla meccanica e alla metallurgia), seppur con una progressiva affermazione delle aziende di servizi, come lo sviluppo di software e il supporto a funzioni d’ufficio (22 aziende in più rispetto all’anno scorso).
Mappa geografica
La concentrazione delle Pmi eccellenti è soprattutto nel nord Italia (73%). Il nord-est, così come il Sud, ha livelli di crescita inferiori alla media nazionale (3,8% e 2,7% contro il 4,1%). In controtendenza, il centro che risulta essere l’unica zona dello Stivale che vede un aumento di nuovi inserimenti (5,3%).
Geograficamente, tutte queste piccole e medie imprese hanno acquisito una vocazione globale, realizzando quasi il 40% del loro fatturato all’estero e prevedendo di incrementare tale quota nei prossimi tre anni (mediamente del 9%). C’è poi la volontà di aggredire nuovi mercati (per il 14%) e di sviluppare nuove iniziative sul prodotto (24%). L’aspetto dimensionale dell’azienda però fa la differenza. Per esempio: le aziende inferiori ai 50 milioni di euro di fatturato faticano di più nell’export e tendono a focalizzarsi su mercati più vicini (quelli europei).
La soluzione digitale
L’impiego e lo sviluppo di piattaforme digitali potrebbe rappresentare un valido supporto per la crescita internazionale. Ne è convinto il 73% degli imprenditori (questa percentuale supera l’80% per le aziende più piccole) perché permetterebbe di tornare a puntare su brand e prodotto, incrementandone la diffusione e semplificando al contempo la struttura commerciale.
Le prassi manageriali si sono rinnovate. Non più solo attenzione al marchio di fabbrica, ma capacità di previsione e adattamento all’andamento dei mercati. I risultati dell’indagine non a caso mostrano che il 75% delle Pmi eccellenti sono proprio quelle che hanno guardato alla crisi dei mercati in chiave strategica, con un incremento rispetto al periodo pre-crisi di oltre 30 punti percentuali.
Il brand non basta più
L’espansione oltre i confini nazionali aumenta la competizione tra prodotti e lavorare solo sull’immagine non è più sufficiente. I canali digitali possono essere la soluzione, nonostante in Italia ci sia ancora un approccio rudimentale. Il 93% delle aziende che crescono ha un sito in almeno due lingue, il 46% è presente su un social media, ma solo il 15% vende online. Non manca la consapevolezza di crescere su questo fronte: quasi tutte le società dichiarano di voler destinare nei prossimi tre anni il 15% del budget allo sviluppo di e-commerce avanzati, di software per la gestione condivisa di dati e per l’ottimizzazione della supply chain.
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