Minibond alla riscossa. Nonostante siano una novità, i comparti che investono in obbligazioni italiane di piccola taglia sono già una trentina, tutti chiusi, con un target complessivo di raccolta di quasi 5 miliardi di euro.
L’apripista, nel maggio 2013, è stato il fondo Minibond Pmi Italia di Finint Investment Sgr. L’ultimo nato, invece, è il Pioneer Progetto Italia, lanciato a metà agosto. La qualità creditizia della società, del management e i potenziali tassi di crescita, sono i requisiti essenziali nella scelta da parte dei vari comparti che, però, si distinguono per diverse filosofie d’investimento.
I minibond nascono col Decreto Sviluppo 2012. Si tratta di micro obbligazioni (da uno a 20 milioni di euro) emesse dalle piccole-medie imprese (meno di 250 dipendenti e un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro annui). Per poterli emettere l’azienda non deve essere quotata in Borsa.
Chiarezza e risultati concreti
“Il nostro fondo ha definito a priori delle linee guida che individuano l’azienda target in termini di redditività della gestione caratteristica e solidità finanziaria. Inoltre investiamo in misura prevalente in titoli emessi da Pmi con fatturato inferiore ai 100 milioni”, commenta Marco Bigliardi, gestore di Pioneer Investments, specializzato sul segmento dei minibond. “Per il resto, il raggio d’azione della nostra iniziativa è ampio, con l’esclusione dei settori real estate, finanziario e start-up. Una forte vocazione all’export è un elemento positivo che teniamo in considerazione”.
“Il fondo si sta muovendo su più opportunità, dal settore dei media all’automotive. La caratteristica comune è la finalità del finanziamento, cioè il destinare alla crescita dell’azienda quanto raccolto, in aderenza con quanto definito nel business plan”.
Un mercato chiuso
Per dare l’idea di quanto questo mercato sia in espansione, oggi le obbligazioni quotate sull’ExtraMot Pro, il segmento dedicato di Borsa Italiana, sono 66, rispetto alle 27 di fine 2013 e le 15 di un anno fa. L’ammontare emesso su ExtraMot Pro, invece, è attualmente pari a oltre 4 miliardi di euro, che si confrontano con i 2,8 miliardi di fine 2013 (dati al 16 settembre).
In prospettiva, però, c’è ancora ampissimo margine di crescita, visto l’alto numero di Pmi presenti nel nostro paese che potrebbero decidere di passare per questo canale, anche grazie ai benefici fiscali previsti dal Decreto Sviluppo.
Tuttavia,per il momento gli investitori privati non possono investire direttamente in minibond (il mercato ExtraMot Pro di Borsa Italiana è dedicato ai soli investitori professionali). In Germania, invece, sul mercato di Stoccarda, dove i minibond sono quotati da tempo, anche il retail può operare.
Ancora molta strada
Il mercato degli investitori pare già ben attrezzato e di capitali da investire nel debito delle Pmi italiane ce ne sono già parecchi sul piatto, senza contare quelli a disposizione dei fondi di investimento obbligazionari aperti, il cui regolamento prevede la possibilità di investire una parte del patrimonio in titoli non quotati di aziende. “L’esperienza dei primi mesi ha confermato che le Pmi italiane provenienti dai settori più disparati si stanno dimostrando pronte per questo strumento. Queste aziende riconoscono una funzione complementare al finanziamento tramite minibond rispetto al credito bancario, ma anche una natura di medio-lungo termine”, prosegue Bigliardi. “Crediamo che l’operatività dei fondi dedicati sia solo all’inizio e che questo non farà che accrescere il numero di emissioni. Il grado di diversificazione non solo settoriale, ma anche di fatturato, delle aziende che hanno emesso sino ad ora, ci permette di essere fiduciosi su un ampio bacino al quale attingere per il futuro”.
Inoltre, il mondo dei minibond sta attirando sempre più interesse tra i fondi pensione: secondo i dati di MondoAlternative, già due casse di previdenza hanno investito in questi strumenti, tra cui Cassa Forense per 45 milioni.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.