Investire in azioni italiane non è stata la migliore scelta degli ultimi dieci anni di chi opera in Borsa. La performance in euro dell'indice Msci Italy è stata pari allo 0,2% annualizzato. Nello stesso periodo il paniere americano S&P 500 ha avuto un rendimento del 7,69% (in dollari, dati a fine agosto 2014). Eppure il fondo medio della categoria Azionari Italia è riuscito a creare valore per gli investitori, realizzando nello stesso periodo un guadagno dell’1,84%. Ma come ha fatto? E quali sono le caratteristiche dei componenti di questa categoria? In media, i fondi Azionari Italia sono costosi, più esposti alle piccole e medie imprese (Pmi) e hanno ottenuto performance aggiustate per il rischio migliori dei prodotti passivi.
Costi
La metodologia seguita da Morningstar prevede la creazione di specifiche categorie di fondi rilevanti ai fini della valutazione delle performance dei singoli comparti. Non tutte, però, sono abbastanza numerose da giustificare una divisione tra universi Large e Mid/Small cap (come avviene ad esempio per la Francia ma non per l'Italia). Questo metodo di classificazione ci permette di calcolare e comparare i livelli dei costi, misurando la mediana delle spese correnti (le ongoing charges, l’indicatore dei costi totali ricorrenti dedotti dal patrimonio) per le classi retail dei fondi appartenenti a una medesima categoria. Il livello mediano è quello per cui il 50% dei comparti retail della stessa categoria sarà più caro e il 50% più conveniente. Da questo punto di vista, i fondi azionari Italia risultano in media tra i più costosi nel confronto con altre strategie focalizzate sui mercati equity dei singoli paesi:
Mid vs Large
Un’altra caratteristica deriva in parte dalla struttura del mercato italiano, che vede le prime cinque aziende (Eni, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Enel e Assicurazioni Generali) catturare quasi il 50% dell'intera capitalizzazione di mercato dell'indice Ftse Italia AllShare. I fondi di investimento vincolati dai limiti della direttiva Ucits non possono replicare i pesi di queste large cap e sono costretti a ribilanciare il portafoglio verso le capitalizzazioni inferiori. Ma non troppo in basso: molti titoli dell'universo small cap (cioè le 120 azioni che compongono l'indice Ftse Italia Small cap), infatti, sono poco liquidi e spesso non investibili. La capitalizzazione mediana dell'indice Small cap, infatti, è di appena 66 milioni di euro.
E' forse anche grazie a questo fattore se l'indice Ftse Italia Mid cap (60 titoli) ha prodotto, negli ultimi dieci anni, rendimenti migliori (con un rischio uguale o inferiore) rispetto al Ftse Mib e al Ftse Italia Small cap:
Tale risultato è controintuitivo, dal momento che il segmento small cap è teoricamente un mercato più remunerativo proprio in virtù della sua maggior rischiosità. Guardando agli Stati Uniti, infatti, su un orizzonte di dieci anni le small cap (Russell 2000) si confermano più rischiose delle large (Russell 1000).
Attivo vs Passivo
Benché siano prodotti più cari nel confronto con le altre categorie europee, i fondi attivi Azionari Italia hanno mediamente fatto meglio degli Etf (su orizzonti di tre, cinque e dieci anni) in termini di rendimenti aggiustati per il rischio. Questo risultato è coerente con il punto precedente, perché un sovrappeso sulle capitalizzazioni medio-basse (che i fondi attivi possono avere) ha permesso a questi strumenti di realizzare performance competitive.
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