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Il pharma guarda oltre ebola

L'emergenza sanitaria in Africa ha riportato un po' di attenzione sui colossi della salute. In particolare su quelli che hanno una buona quota di mercato nei paesi emergenti e di frontiera. Ma nel breve c'è da attendersi volatilità. 

Marco Caprotti 30/09/2014 | 15:11
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Mentre i governi in Africa e nei paesi sviluppati cercano di contrastare l’emergenza sanitaria e sociale del virus ebola, gli operatori economici e finanziari fanno i conti. Le ultime notizie arrivate dal Continente nero dicono che il contagio sta portando la Liberia, il paese più toccato dall’epidemia che ha colpito l’Africa occidentale, a rischio di esplosione sociale. Nei giorni scorsi il ministro dell’Informazione, Lewis Brown, ha denunciato il pericolo di una nuova guerra civile nel Paese, appena uscito da due conflitti (1989-2003) costati la vita a circa 250mila persone. 

Quanto costa ebola
Secondo la Banca mondiale, intanto, l’impatto economico dell’epidemia di ebola è già grave e potrebbe essere catastrofico. “Se il virus continuerà a diffondersi nei tre Paesi maggiormente colpiti, Guinea, Liberia e Sierra Leone, l'impatto economico potrà crescere di otto volte, con effetti potenzialmente catastrofici su Stati già fragili”, spiega l’istituzione in un report. Senza un intervento il fardello sull’economia potrà arrivare nel 2015 a 809 milioni di dollari, di cui 439 in Sierra Leone, 228 in Liberia e 142 in Guinea.

Per l’istituto di Washington i costi potrebbero essere limitati se “una riposta rapida a livello nazionale e internazionale riuscisse a contenere l’epidemia e a mitigare gli effetti negativi derivanti dalla preoccupazione delle persone per il contagio”. Certo, il costo primario di questa “tragedia è la perdita di vite umane”, ma “è chiaro che prima si riuscirà a contenere l’epidemia e a ridurre il livello di paura e incertezza, più velocemente si limiterà l’impatto negativo dell’ebola da un punto di vista economico”, continua lo studio.

Le scelte operative
Da un punto di vista operativo, l’epidemia di ebola ha riacceso i riflettori sul comparto dei farmaceutici. “In particolare di quelli che hanno un’esposizione sui paesi emergenti e di frontiera”, spiega Damien Conover, analista di Morningstar. “Il rallentamento economico registrato da alcune di queste aree – a cui vanno uniti i problemi nati con l’epidemia nel caso di alcuni stati africani - nel breve periodo porteranno incertezza per quanto riguarda le vendite negli emerging e frontier market. Tuttavia, nel lungo periodo si assisterà a una crescita della ricchezza delle famiglie che farà bene al settore”.

Secondo uno studio di World Markets Monitor condotto in 63 paesi emergenti e di frontiera c’è una correlazione dell’80% fra aumento del Pil pro capite e crescita delle spese farmaceutiche. “A questo va unito l’incremento in quelle aree delle malattie tipiche dei paesi sviluppati per le quali i cosiddetti big pharma hanno già pronto un rimedio”, dice Conover.

I nomi da tenere d’occhio, secondo l’analista sono quelli dei soliti noti. “Bayer è una delle aziende meglio posizionate nei mercati emergenti e di frontiera. Più del 30% dei suoi guadagni arriva da quelle zone e, recentemente, ha fatto delle ristrutturazioni per poter aumentare gli investimenti. Anche Sanofi ha un buon track record. È la società che, per prima, riesce a mettere piede nei Paesi più interessanti, come è successo in Cina e in Russia”. 

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Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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