Mentre le grandi compagnie petrolifere assistono sconsolate al calo dei prezzi del petrolio, gli investitori possono iniziare a fregarsi le mani. “Il mercato azionario sta reagendo alla discesa delle valutazioni liberandosi dei titoli oil”, spiega Jason Stevens, responsabile della ricerca sui titoli energy di Morningstar. “E’ una reazione esagerata. Il vantaggio, però, è che si creano delle opportunità di acquisto su titoli di buona qualità. In base ai nostri calcoli in questo momento si possono mettere in portafoglio, fra i nomi che copriamo nei diversi segmenti dell’oil, azioni con sconti del 15-20% rispetto ai nostri fair value”.
Oro nero, scenario cupo
Nel frattempo i grafici sull’andamento del barile sembrano non voler dare buone notizie alle aziende del settore. Il petrolio in questi giorni sta viaggiando ai minimi dal giugno del 2012: i future a dicembre sulla qualità Wti (West Texas Intermediate), ad esempio, hanno perso 1,76 dollari attestandosi a 78,78 dollari il barile. Gli analisti di Goldman Sachs, intanto, hanno ridotto significativamente le loro stime di prezzi per l’oro nero diventando l'istituzione finanziaria con l’outlook peggiore sul settore. Secondo la banca americana, i prezzi del greggio, che sono già crollati di quasi il 25% nel corso degli ultimi cinque mesi, sono destinati a scendere ulteriormente man mano che lo squilibrio fra domanda e offerta diventerà sempre più evidente. Il Wti, dicono dalla merchant bank, scenderà a 75 dollari il barile nel primo trimestre del 2015, mentre il Brent calerà nello stesso arco di tempo a 85 dollari. In entrambi i casi, le stime sui prezzi sono state abbassate di 15 dollari rispetto alle proiezioni precedenti. I ribassi dovrebbero proseguire nel secondo trimestre del 2015 quando l'eccesso di offerta diventerà ancor più evidente prima di iniziare a essere metabolizzato dal sistema. Per il periodo aprile-giugno, Goldman vede dunque un Wti a 70 dollari il barile, mentre il Brent dovrebbe scendere a 80 dollari. Il secondo trimestre dovrebbe essere il momento di maggior difficoltà per il settore che nel resto dell’anno dovrebbe poi tornare su livelli del primo trimestre.
Previsioni su cui non è d’accordo l’Opec. L’Organizzazione dei paesi produttori ha mantenuto invariate le previsioni di crescita della domanda mondiale di petrolio nel 2014 e 2015, malgrado una accelerazione del calo dei prezzi. Nell’ultimo rapporto mensile, il cartello (che produce circa un terzo del petrolio mondiale) ha confermato le previsioni di una crescita della domanda di 1,05 milioni di barili al giorno quest'anno a 91,19 milioni boe/giorno e di 1,19 nel 2015 a 92,38 milioni. L’Opec ha evidenziato come i prezzi proseguano la loro caduta in ragione “di una debole domanda e di un'offerta abbondante”, ma vede anche speculazioni che hanno portato i prezzi ai minimi dal 2010.
Diversa, almeno in parte, l’idea dell'Agenzia internazionale dell’energia (Aie), che ha tagliato le previsioni sulla crescita della domanda di greggio per l'anno in corso di oltre un quinto e al minimo in cinque anni, prevedendo che i consumi globali caleranno in modo drastico. A pesare sulla domanda saranno anche il rallentamento della crescita in Asia e le difficoltà dell'economia europea. L’Aie ha tagliato del 22% le stime sulla crescita della domanda, che aumenterà di 700mila barili al giorno, circa 200mila in meno rispetto alle precedenti previsioni. Secondo l'Agenzia la domanda tornerà a crescere a passo più rapido nel 2015, con un aumento di 1,1 milioni di barili al giorno.
Come reagisce il barile
“A nostro avviso il mercato non sta tenendo conto di alcuni fattori che si verificano ogni volta che i prezzi del petrolio scendono troppo”, dice Stevens. “Il primo è che le grandi compagnie petrolifere davanti al calo del prezzo del greggio adottano strategie di riduzione delle spese e degli investimenti e di tagliodegli asset per sostenere la redditività”. Le tre maggiori aziende internazionali, Exxon Mobil, Chevron e Shell, nell'ultimo trimestre, pur avendo ancora registrato profitti significativi (pari a 18,9 miliardi di dollari) hanno visto i loro margini di guadagno nella vendita di petrolio scivolare negli ultimi dieci anni. Shell ha così già tagliato la sua produzione di gas e greggio ai minimi da oltre dieci anni e previsto che continuerà a scendere nei prossimi due anni. Exxon ha oggi un output inferiore a quello di cinque anni or sono. Chevron ha deciso di rinviare investimenti per contenere i costi. BP, intanto, ha ridotto di 40 miliardi i propri asset in quattro anni, una mossa compiuta anche per sostenere i costi legali legati al disastro nel Golfo del Messico causato dall'incidente a Deepwater Horizon. “Il secondo fattore da considerare è che quando i prezzi si abbassano troppo, di solito poi la domanda aumenta, innescando la risalita delle valutazioni”, conclude Stevens.
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