Se Roma piange, Parigi non ride. Nonostante la Francia venga molto spesso associata alla Germania quando si parla di paesi core europei, i problemi non mancano: conti pubblici più dissestati di quelli italiani (un deficit al 4,4%), una disoccupazione (giovanile in particolare) ai massimi, la fiducia nel presidente François Hollande ai minimi storici e la leader anti euro Marine Le Pen che trionfa sia alle elezioni europee che nei sondaggi per le presidenziali del 2017. Elementi che hanno spinto le tre più importanti agenzie di rating del mondo (S&P, Moody’s e Fitch) a mettere in outlook negativo i titoli di Stato emessi Oltralpe. Insomma, i Piigs (sigla con cui si indicano i paesi periferici europei: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) non sembrano più così lontani dalla Tour Eiffel.
Debito alto, ma il mercato si fida ancora
“Il debito delle amministrazioni pubbliche francesi è quasi raddoppiato in dieci anni superando a giugno la cifra record di 2.000 miliardi di euro”, si legge in una nota firmata da Didier Le Menestrel, presidente di Financière de l’Echiquier. “La Francia raggiunge così ineluttabilmente i cattivi alunni dell’Europa, già oberati da un debito pubblico superiore al 100% del loro Pil. Queste cifre spettacolari avrebbero dovuto sorprendere e dare la scossa ai media, agli investitori e alla classe politica. Ma così non è stato e, finora, le reazioni sono state limitate, come se il declino fosse ineluttabile, i deficit ingestibili e il futuro sopportabile”. In sostanza, i creditori di tutto il mondo per ora continuano ad avere fiducia nello Stato e nelle famiglie francesi che un giorno rimborseranno queste cifre colossali. “Grazie a questa fiducia, l’onere del debito si è stabilizzato da alcuni anni sotto i 50 miliardi di euro con la continua contrazione della remunerazione reclamata dai creditori (1,3% attualmente per i crediti a dieci anni) che smussa il regolare incremento di questo smisurato impegno” continua Le Menestrel.
Parigi proxy perfetta dell’Eurozona
Come mai, quindi, i mercati sembrano non prendere in considerazione questi indicatori? “La situazione francese si è, in effetti, deteriorata e non sembra molto rosea, però non è nemmeno peggiore della media dei paesi dell’Eurozona. Anzi, la Francia in questo momento è esattamente in linea con essa”, spiega Fabrizio Quirighetti, capo economista di SYZ Asset Management. “Non crediamo che l’Esagono sia il malato di Eurolandia, ma certo neanche il paese con i migliori sintomi. Anche il negative watch delle agenzie di rating non ci spaventa più di tanto. La realtà è che attualmente i bond governativi francesi restano tra i più liquidi del mercato”.
Anche lo spread Parigi-Berlino resta ancora molto contenuto, circa 35 punti base, dopo aver superato i 70 punti a inizio 2014 (lo spread italiano è attualmente 155 bp). “Certo, lo spread di oggi è comunque più di quattro volte superiore a quello pre-crisi (7-8 basis points) e, considerando il livello molto basso dei tassi d’interesse, questa differenza pesa decisamente di più”, commenta Quirighetti.
Rischio politico dietro l’angolo
“Non rientra nel nostro scenario, ma non possiamo escludere un rischio politico in Francia”, prosegue il capo economista di SYZ. “Data l’importanza ricoperta da Parigi nella costruzione del progetto europeo, sarebbe un colpo molto duro che metterebbe in discussione l’esisitenza stessa dell’Eurozona, con un effetto decisamente più forte rispetto all’eventuale uscita di un paese più piccolo e periferico. Il problema europeo è sempre lo stesso: prima di farsi vistare dal dottore e cominciare la cura, il paziente tende ad aspettare l’ultimo momento, quando è ormai molto malato. La Francia, come il resto dell’Unione, sopravviverà, ma sarà un processo lungo e doloroso”.
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