Il fascino della crisi europea

Le ultime stime parlano di un rallentamento del Vecchio continente. Secondo gli analisti non basteranno le politiche monetarie e fiscali a ridare slancio. Ma in una situazione del genere, dicono gli operatori, nascono opportunità per gli investitori. 

Marco Caprotti 06/11/2014 | 11:18
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Il motore dell’Europa stenta a entrare a regime e gli investitori preferiscono stare alla finestra. Almeno per ora L’indice Msci della regione nell’ultimo mese (fino al 5 novembre e calcolato in euro) ha guadagnato lo 0,3%, portando la performance da inizio anno a +4,8%. L’atteggiamento prudente degli operatori nelle ultime settimane è giustificato dalle notizie arrivate dal fronte macro.

Dall’ultimo quadro disegnato dalla Commissione europea emerge che la crescita economica sarà debole per il resto dell'anno: 1,3% nella Ue e 0,8% nell'Eurozona. Poi aumenterà il ritmo, ma di poco: la risalita sarà “lenta” a 1,5% e 1,1% rispettivamente nel 2015. Un’accelerazione ci sarà nel 2016 al 2% e all’1,7% e sarà guidata dal rafforzamento del settore finanziario e dall’effetto delle riforme strutturali. L’andamento dell’inflazione resterà deludente quest’anno: 0,5% nell’Eurozona e 0,6% nella Ue. “Molto bassa”, quindi, secondo la definizione che ne dà la Commissione. Risalirà nel 2015 grazie al “graduale rafforzamento dell'attività economica e all'aumento dei salari” oltre che al “recente deprezzamento dell’euro”. Ciononostante i rischi per l’economia restano: pesano le tensioni geopolitiche, la fragilità dei mercati finanziari e l’attuazione incompleta delle riforme strutturali. Bruxelles non sembra preoccupata del rischio deflazione. Per quanto riguarda il lavoro, nel 2015 la disoccupazione nell’Eurozona calerà all’11,3% dall’11,6% nel 2014. Nel 2016 scenderà ancora al 10,8%. Nella Ue dal 10,3% quest’anno si passerà al 10% il prossimo e al 9,5% nel 2016. Il deficit/Pil dell’Eurozona è sceso al 2,5% nel secondo trimestre e al 3% nell’Unione a 28.

Crisi in corso
Per dirla con uno studio di Standard & Poor’s, insomma, la crisi della zona euro non è ancora finita. Quest’anno i timidi segnali di ripresa hanno perso slancio e l'Eurozona sta forse entrando in “un'ostinata fase di crescita fiacca”, in un contesto di indebolimento economico globale. La minaccia di una nuova ricaduta in recessione è “un campanello d'allarme”, che contrasta con la calma di alcuni politici, si legge nello studio che riporta le recenti stime dell'Fmi che indicano al 40% le possibilità di un'altra recessione nella zona euro.

Per S&P le politiche fiscali e monetarie da sole non possono migliorare in modo duraturo la traiettoria di crescita dell'Eurozona. In particolare la politica monetaria può contribuire a stabilizzare le economie nel breve termine, ma potrebbe essere controproducente a lungo andare se porta ad abbassare la guardia a livello politico. Solo Germania e Lussemburgo mantengono la tripla A (il voto massimo di affidabilità che, nel 2006, era appannaggio di otto stati). Il Pil dei paesi con un outlook positivo è pari solo al 3% di quello aggregato della zona euro, mentre quello con un outlook negativo rappresenta il 40%. Il maggiore ostacolo a una ripresa più robusta resta il forte peso del debito e quindi il rallentamento in atto non dovrebbe giungere come una sorpresa, sottolinea S&P.

Opportunità all’orizzonte
Tutto male, quindi? Non necessariamente. Almeno dal punto di vista degli investitori. Una situazione del genere, sottolineano gli operatori può creare delle opportunità di acquisto. “Per la prima volta negli ultimi due anni le aziende europee stanno rivedendo in positivo i propri utili. Meno della metà dei profitti delle aziende europee è generato in Europa e per questo motivo il rafforzamento dell’euro negli ultimi 12-18 mesi ha inciso negativamente sui profitti. Allo stesso modo stimiamo che l’indebolimento recente, per effetto del cambio, contribuirà al miglioramento degli utili nei prossimi trimestri”, spiega una nota firmata da Niall Gallagher, direttore degli investimenti di Gam. “Nell’ultimo mese, i movimenti di mercato sono stati bizzarri e determinati da motivi tecnici, con diversi titoli a media-capitalizzazione che hanno segnato performance particolarmente negative. Crediamo che questo sia dovuto non ad una debolezza dei fondamentali, ma a un repentino innalzamento della volatilità, che ha spinto gli hedge fund ad un processo di riduzione della leva. Il segmento mid-cap del mercato è stato colpito duramente. Un esempio è Distribuidora Internacional de Alimentacion, distributore alimentare spagnolo, il cui prezzo azionario nell'ultimo mese è sceso del 25%. Questo calo si è verificato nonostante la forte crescita degli utili e a seguito di due acquisizioni, che hanno aumentato ulteriormente i profitti attesi”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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