Meglio non farsi illusioni: i rendimenti largamente positivi degli ultimi tre anni non devono far credere gli investitori che i rischi sui mercati finanziari siano diminuiti. E’ bene, quindi, armarsi di strumenti che permettano di valutare le scelte del gestore anche quando le cose sulle piazze finanziarie vanno male.
E’ vero che, anche il 2014, ha regalato soddisfazioni agli investitori con un’esposizione azionaria. La maggior parte dei principali indici ha chiuso l’anno con il segno più. L’S&P 500 ha realizzato un +12.99% (in dollari), mentre l’indice MSCI Emerging Markets USD ha reso l’11,38%. Ma, malgrado questi risultati, la seconda parte dell’anno è stata caratterizzata da improvvisi picchi di volatilità. Proprio per questo conviene controllare il cosiddetto downside capture ratio del proprio fondo di investimento.
Che cos’è
Il downside capture ratio (che può essere tradotto come “rapporto di cattura del mercato ribassista”) misura le performance di un gestore nelle fasi di ribasso del mercato. Si tratta di quei periodi (generalmente mesi) in cui il mercato di riferimento (cioè il benchmark) ha realizzato rendimenti negativi. E’ utile quindi a determinare quale percentuale del ribasso del mercato il gestore non è riuscito ad evitare. Poniamo ad esempio che l’indice MSCI Europe abbia perso il 10%. Un fondo che abbia perso nello stesso periodo il 15%, avrebbe un downside capture ratio del 150%. E’ dunque una misura delle sotto- o sovraperformance rispetto al benchmark in particolari fasi del mercato (perde dunque di significatività quanto più il gestore si discosta dal parametro di riferimento utilizzato).
Tale misura differisce da altri indicatori di rischio. Una misura proprietaria, ad esempio, è il Morningstar Risk che, a differenza del downside capture ratio, è calcolato rispetto ai suoi concorrenti di categoria e guarda alla volatilità dei rendimenti in entrambe le direzioni, sebbene pesi maggiormente le deviazioni negative. Questo perché una elevata volatilità “in positivo” può spesso tradursi successivamente in un’ampia volatilità al ribasso.
La deviazione standard è invece la misura statistica utilizzata per quantificare la dispersione dei rendimenti attorno alla media in un determinato orizzonte temporale. Quando un fondo ha un’alta deviazione standard, la gamma prevista dei rendimenti futuri è più ampia, implicando una maggiore volatilità. Il problema è che equiparare il rischio di un investimento alla sua volatilità passata è problematico, dal momento che la volatilità storica non consente di effettuare previsioni statisticamente robuste sulla perdita futura (drawdown), il tipo di rischio che preoccupa maggiormente gli investitori.
I fondi che proteggono dai ribassi
Per comodità di analisi abbiamo preso in esame i fondi azionari Europa, gli internazionali e quelli dei paesi emergenti. Tutti sono disponibili alla vendita in Italia. Si tratta delle categorie più popolate, i cui strumenti sono maggiormente coperti dalle nostre analisi. Abbiamo studiato il rispettivo downside capture ratio (rispetto al benchmark di Categoria Morningstar) su un orizzonte temporale di 10 anni; in tal modo includiamo due fasi di ribasso, il 2008 e il 2011, aumentando la significatività del dato. Per identificare le migliori opportunità abbiamo preso i tre fondi che mostrano il minor downside capture ratio. Abbiamo evidenziato anche altre misure di rischio alternative alla volatilità che possono essere molto utili per gli investitori, cioè il posizionamento percentile in termini di Morningstar Risk (dove 100 indica che il Morningstar Risk è stato il più basso della categoria e dunque manifesta un dato positivo) e la perdita massima subìta dal fondo nello stesso periodo, accanto a quella della media dei suoi concorrenti.
Azionari Europa
Franklin Mutual European è riuscito a proteggere il capitale degli investitori grazie a un approccio sensibile alle valutazioni e a una gestione tattica della liquidità che permette di sfruttare pienamente le opportunità di acquisto, quando si presentano. Ad esempio, agli inizi del 2009 la liquidità del fondo era pari a circa il 20% dell’attivo. Invesco Pan European Structured Equity deve il suo successo alla combinazione di selezione quantitativa delle azioni e controllo della volatilità, mentre il Comgest Growth Europe segue un approccio disciplinato di lungo termine fondato su “qualità e crescita”, che porta alla costruzione di un portafoglio concentrato di 35 titoli circa che riflette le convinzioni del team sui fondamentali delle società sottostanti.
Azionari Internazionali
Tra gli Azionari Internazionali troviamo il Deutsche Invest I Top Dividend, una strategia ad alto dividendo che mostra un rischio inferiore ai suoi concorrenti grazie alla robusta ricerca sui fondamentali aziendali, che si unisce all’approccio prudente adottato dal gestore. Tra gli Azionari Internazionali Large Cap Growth troviamo il Carmignac Investissement, che malgrado una volatilità al di sopra della media dei concorrenti ha difeso bene il patrimonio dei sottoscrittori nelle fasi critiche del mercato; nel 2008, ad esempio, è riuscito a sovraperformare la media di categoria di oltre 12 punti percentuali. Ciò è stato possibile grazie all’adozione tattica di politiche di copertura del rischio di mercato, essenzialmente implementate tramite vendita allo scoperto di future su indici azionari. Infine, il BL Global Equities ottiene buoni risultati grazie ad una combinazione di fattori. Il processo parte infatti dall’asset allocation tattica per l’esposizione geografica e solo successivamente viene effettuata la selezione dei singoli titoli nei mercati regionali. I gestori preferiscono società con posizioni di mercato dominanti e con bilanci trasparenti; questa attitudine porta al sottopeso di diversi settori (banche, utilities, telecom, energia) e al conseguente sovrappeso dei difensivi.
Azionari Paesi Emergenti
I paesi emergenti hanno storicamente mostrato una rischiosità ancora più elevata rispetto ai mercati azionari dei paesi sviluppati; l’indice MSCI EM perse infatti in un solo anno (2008) oltre il 50% del proprio valore. Tre comparti mostrano un downside capture ratio a 10 anni inferiore al 90%. Il fondo Aberdeen Global Emerging Markets può contare su vaste risorse (45 professionisti con una lunga esperienza in questo mercato) che permettono di effettuare un’analisi approfondita dell’universo di investimento. Sono in tal modo acquistate prevalentemente azioni di società con modelli di business sostenibili, bilanci solidi e una buona corporate governance. Il fondo Comgest Growth Emerging Markets segue la stessa filosofia del comparto che investe in azioni europee, mostrando anche in questo caso una preferenza per la qualità e la crescita che tende a dare i suoi frutti soprattutto nelle fasi di forte volatilità. Infine, il fondo Vontobel Emerging Markets è gestito fin dal 1997 da uno dei maggiori esperti del settore, Rajiv Jain. La filosofia di investimento del manager, che si basa sull’analisi fondamentale delle società e ha l’obiettivo di identificare titoli con una crescita stabile e prevedibile degli utili, porta il portafoglio a divergere notevolmente dai fondi concorrenti. Di conseguenza, ci sono notevoli sovrappesi nel settore dei beni difensivi e nelle economie maggiormente legate alla domanda interna (come l’India).
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.