Se il mondo del petrolio è - come sembra- veramente cambiato, allora bisogna rivedere le valutazioni dei titoli energetici. Anche di alcuni di quelli coperti dalla ricerca Morningstar. Una mossa necessaria, secondo i nostri analisti, alla luce delle prospettive del prezzo del barile che è (e sarà) sempre più condizionato dalla produzione americana di shale oil.
“Una delle caratteristiche della produzione americana di scisto è quella di potersi adattare molto velocemente agli andamenti della domanda e alle dinamiche del prezzo”, spiega Allen Good, Senior equity analyst di Morningstar. “La disponibilità dell’oil made in Usa, le modalità di estrazione e i costi di produzione fanno in modo che ce ne sia una grande quantità a poco prezzo. Quindi, se prima i ragionamenti sul segmento energy venivano fatti prendendo come prezzo di riferimento 100 dollari al barile, ora dobbiamo rifare i conti utilizzando come base 75 dollari al barile”.
A dare maggiore stimolo a questa dinamica c’è il fatto che l’Organizzazione dei paesi produttori (l’Opec, di cui gli Usa non fanno parte) ha deciso di non tagliare la sua produzione, sperando che il continuo ribasso dei prezzi porti l’America a considerare poco conveniente estrarre a questi valori. “Il risultato che ha ottenuto, però, è quello di lasciare quote di mercato agli Stati Uniti e far diventare il segmento oil un posto dove ora si vede una vera concorrenza”, continua Good.
Dai bilanci al vantaggio competitivo
Questa situazione ha finito per colpire inevitabilmente i bilanci delle aziende del segmento oil, costringendo gli analisti a rivedere sia i fair value dei loro titoli che le posizioni di vantaggio competitivo (l’Economic moat). “In generale, se una società produce solo petrolio, con il calo del barile che abbiamo visto, il suo valore è stato limato anche del 60-70%”, spiega l’analista di Morningstar.
In una situazione del genere – anche considerando un barile quotato a 75 dollari – si possono creare delle interessanti opportunità di acquisto. “Le nostre preferenze vanno a quelle società che riescono a unire qualità a una buona valutazione”, dice Good. “In altre parole ci piacciono quelle aziende che hanno bassi costi e che riescono ad avare un buon vantaggio competitivo anche con un barile a 75 dollari”. Questo esclude, secondo l’analista aziende come Shell, Bp e Total. Non a caso sono tutte società europee che non possono fare affidamento sull’estrazione di petrolio di scisto. “Se cerchiamo nomi di qualità con un buon Economic moat nel nuovo scenario che si sta disegnando per il petrolio i nomi più interessanti sono Exxon, BG e Tullow Oil”, dice Good.
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