Una delle principali domande cui un investitore deve rispondere è quando dismettere la propria posizione. Per affrontare questa problematica abbiamo chiesto aiuto a Matt Coffina, equity strategist di Morningstar e redattore della newsletter Morningstar StockInvestor.
Prima di vendere
Domanda: Matt, quali sono gli elementi che si dovrebbero tenere in considerazione prima di vendere un azione?
Coffina: La cosa più importante da fare è confrontare il prezzo di mercato del titolo con il suo fair value. E questo è vero sia in caso di trend crescente che decrescente. Mettiamo il caso che i margini di profitto riportati da una società siano più alti di quelli previsti dal mercato o delle nostre stime e le azioni salgano del 20%. Sarebbe questo il momento giusto per vendere? Non è da escludere che questi dati possano modificare anche la stima del fair value, e quindi in questo caso il titolo diventerebbe un affare ancora più conveniente di quanto non lo fosse in precedenza.
Allo stesso modo, nel caso in cui il titolo imbocchi una parabola discendente, bisogna sempre considerare qual è il nuovo fair value. Se quest’ultimo è rimasto invariato e il prezzo di mercato è sceso senza una reale motivazione, allora è forse il momento di aumentare la propria esposizione piuttosto che vendere.
Stop-loss
Domanda: Cosa ne pensi della scelta di fissare un ordine di stop-loss in modo da uscire dal titolo dopo una perdita del 20%?
Coffina: Questa non è, in generale, una buona strategia. Peter Lynch ha detto una volta: “mostrami qualcuno che ha uno stop-loss del 10% e io ti mostrerò qualcun altro che ti garantirà di perdere il 10%”.
Il prezzo di un’azione può cambiare per varie ragioni. Accade che spesso le Borse vadano giù senza nessun motivo plausibile. A volte i titoli risalgono dopo poche ore, ma se si ha un ordine di stop-loss si rischia di dismettere la posizione quando il titolo tocca il picco più basso del suo prezzo di mercato senza avere la possibilità di poterlo ricomprare.
Le stock, ad esempio, registrano forti movimenti in occasione della pubblicazione delle trimestrali societarie e può succedere che dopo la comunicazione dei dati di bilancio (oltre che di alcune dichiarazioni del management) il titolo possa registrare nelle aste di chiusura un calo del 20%. In questo caso uno stop-loss del 10% non ci aiuterebbe in nessun modo a proteggerci dalla perdita.
Proteggere il Downside
Domanda: Una delle regole di Warren Buffett è non perdere mai denaro. Come può fare un investitore a proteggersi dal rischio di un downside, cioè di continuare a mantenere la posizione su un titolo che ha imboccato una parabola discendente?
Coffina: Non credo che Buffett intendesse che si debba evitare qualsiasi perdita, anche temporanea, perché questo è un compito pressoché impossibile anche per il miglior investitore di tutti i tempi. Penso, invece, che intendesse parlare di una erosione permanente del valore intrinseco di un’azione. Ad esempio, se il fair value di un titolo acquistato a 100 dollari scendesse a 80 dollari senza poi recuperare realizzeremmo una perdita permanente del capitale. Ed è quello che noi vogliamo evitare.
Il modo migliore per limitare rischi di questo tipo è puntare su società con un Economic Moat (vantaggio competitivo) ampio e in espansione, contemporaneamente, evitare quelle il cui vantaggio competitivo si sta erodendo (con un Moat trend negativo). Il posizionamento all’interno del settore, per queste ultime, si sta deteriorando e il loro fair value è destinato a deprezzarsi nel tempo. Come dice sempre Buffett: “Il tempo è il miglior amico delle buone società e il peggior nemico di quelle cattive”.
Ammettere gli errori
Domanda: Se dovessimo realizzare che il momento buono di una società è cambiato e che le sue azioni sono sopravvalutate, quando sarebbe il momento esatto per vendere?
Coffina: Capire che si è sbagliato a valutare un titolo e quindi che è arrivato il momento giusto per uscire da una posizione è sicuramente una delle cose più difficili per un investitore. Dobbiamo essere molto attenti a quello che gli psicologi chiamano “avversione alla perdita”, cioè l’incapacità degli investitori di ammettere di aver commesso un errore. Potrebbe essere, infatti, molto rischioso per il nostro patrimonio continuare a insistere su una società solo perché non vogliamo riconoscere che abbiamo sbagliato. Tale comportamento potrebbe produrre perdite ancora più grandi.
Credo che in questo caso sia determinante comprendere quanto siano ampio il ventaglio di alternative a nostra disposizione. Ogni scelta di investimento è infatti relativa. Quando si decide di comprare un’azione di fatto si sta decidendo, contestualmente, di non investire in uno svariato numero di altre azioni, in liquidità, nei bond o in qualsiasi altro strumento finanziario. Ogni qualvolta si configuri un’opportunità migliore, quello è il momento giusto per uscire da quel titolo e spostare il capitale su soluzioni più redditizie.
Se fossimo esposti su una società il cui vantaggio competitivo si sta deteriorando e il cui valore di mercato è destinato a ridursi nel prossimo futuro, allora sarebbe meglio liquidare la posizione adesso piuttosto che registrare una perdita in un secondo momento.
La buona notizia, comunque, è che il mercato è sempre ricco di opportunità di investimento. Anche quando la nostra azione è scambiata a prezzi di poco inferiori al suo fair value, ce ne saranno sicuramente altre che sono valutate a un tasso di sconto maggiore o il cui valore è destinato ad aumentare nel tempo.
Troppo buona per essere vera
Domanda: Fino ad ora abbiamo parlato molto di business che non funzionano. Potremmo anche trovarci nel caso in cui l’azienda registri buone performance ma il prezzo delle sue azioni abbia corso troppo sulla scia di aspettative irrealistiche. Cosa bisogna fare in queste situazioni? Quando è il momento migliore per vendere questi titoli?
Coffina: Queste sono situazioni altrettanto difficili. Buffett dice che il suo holding period preferito è “per sempre”. Lui non vorrebbe mai vendere una stock, ma ci sono circostanze in cui anche una società con un grande business, che riesce a reinvestire il capitale realizzando rendimenti elevati e che registra utili e dividendi in crescita meriti di essere venduta semplicemente perché gli investitori sono troppo ottimisti sul titolo.
Questo è il momento in cui il rating Morningstar entra in gioco. Se un’azione ha un rating di una stella (sopravvalutata), significa che è il momento di vendere. Anche questa è una decisione che deriva da una valutazione relativa. Se, infatti, siamo esposti su una società molto buona, il cui prezzo però incorpora un premio del 30% rispetto al suo fair value, e dall’altra parte c’è né un’altra scambiata a sconto del 10%,, allora è meglio cambiare posizione in favore della seconda.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.