Punti chiave
- Il tasso di crescita dell’economia rimane nell’intervallo del 2-2,5% negli Stati Uniti.
- Il rallentamento del settore manifatturiero e la debolezza dell’immobiliare frenano la ripresa.
- Le aziende avviano operazioni di fusione e buyback, anziché investire, riducendo le prospettive di crescita e aumentando il rischio di inflazione.
Nonostante gli alti e bassi degli ultimi tre mesi, le prospettive per l’economia statunitense nel 2015 rimangono in larga parte inalterate rispetto all’inizio dell’anno. Confermiamo le stime di crescita nell’intervallo del 2-2,5% e non crediamo ci siano motivi per rivederle.
Le previsioni
Come nel 2014, ci aspettiamo un’espansione economica maggiore nella seconda parte dell’anno rispetto alla prima. Prevediamo, inoltre, che l’inflazione sia più elevata a confronto con gli ultimi due anni (quarto trimestre su quarto trimestre). Quella core (esclusi alimentari ed energia) sarà attorno all’1,7%, ma gli alti e bassi dei prezzi dell’energy faranno innalzare il livello dell’inflazione comprensiva di tutte le componenti (cosiddetta headline inflation). Per quanto riguarda l’occupazione, siamo convinti che ci sarà un maggiore allineamento con l’andamento congiunturale. Inoltre, il calo del tasso di partecipazione alla forza lavoro e il pensionamento di molti baby boomer farà diminuire la percentuali di non occupati intorno al 5% entro la fine del 2015.
Pensiamo che la crescita complessiva dei lavoratori sarà più bassa del 2014, il che non è una cattiva notizia, considerata l’attuale carenza di manodopera dovuta al ritiro dei baby boomer. Tuttavia, l’incremento della paga oraria (aggiustata per l’inflazione) potrebbe determinare un aumento dei salari nel 2015, con conseguente beneficio per i consumi.
Tassi e reddito fisso
Continuiamo a essere positivi sui tassi di interesse e negativi sul reddito fisso. Abbiamo sempre sostenuto che senza l’intervento della Fed, il rendimento del Treasury decennale sarebbe stato a un certo livello sopra l’inflazione: il 2,5-3% nel caso questa sia elevata e 1,5-2% nell’ipotesi sia bassa. Ci troviamo, però, ancora in una situazione eccezionale, sia per le manovre della Banca centrale americana, sia per le politiche monetarie espansive di altri istituti, tra cui la Bce.
Debole il manifatturiero
Negli ultimi sei mesi siamo stati più pessimisti di altri sull’economia statunitense, soprattutto perché eravamo preoccupati delle dinamiche del settore manifatturiero e i fatti hanno cominciato a darci ragione. Il comparto rappresenta circa il 15% del Prodotto interno lordo americano (se si include l’industria mineraria, quella estrattiva e dell’auto) e insieme all’immobiliare, è stato il protagonista della ripresa negli anni scorsi. Tuttavia, nel 2015 ha mostrato segnali di debolezza (d’altro canto anche il real estate ha disatteso le aspettative).
Non pensiamo a una crisi in questi settori, tuttavia dobbiamo ammettere che non hanno tenuto il passo degli anni scorsi e questo rappresenta un freno per l’economia, che difficilmente crescerà nel range del 3-4% nel 2015, come è stato invece previsto da alcuni esperti.
Il nodo demografico
Le dinamiche demografiche non favoriscono la crescita: il tasso di incremento della popolazione è basso (0,7% ora contro l’1,8% negli anni Ottanta) e la fascia di cittadini che è destinata ad aumentare è quella degli over 65, mentre i cinquantenni, che sono quelli con più capacità di spesa, sono proporzionalmente in calo.
Azioni care
Le aziende si stanno preparando a un tasso di crescita più basso, mentre i mercati continuano a ragionare su uno sviluppo sostenuto. Le elevate valutazioni dei titoli fanno pensare che gli investitori si attendano una ulteriore espansione della congiuntura. Le imprese, al contrario, sembrano orientate a ottenere il massimo da un ristretto set di opportunità.
Cominciamo dal punto di vista degli investitori. Le valutazioni sono elevate e, all’interno dell’universo coperto dalla ricerca Morningstar, in media superiori al fair value. I dati sulle performance settoriali indicano che gli operatori continuano a preferire i comparti ad alto tasso di crescita. Ad esempio, le utility sono state il peggior settore sia nel trimestre sia da inizio anno, tanto che sono uscite dalla lista dei titoli più sopravvalutati. Per contro, i farmaceutici e la tecnologia sono stati i protagonisti dei rialzi insieme ai consumi ciclici.
La spesa delle imprese non è ai livelli del passato
Nel complesso, le aziende continuano a sedere su una montagna di liquidità e sono interessate alle fusioni e acquisizioni e ai buyback (riacquisto di azioni proprie). Sembra che preferiscano trarre beneficio dall’eliminazione di un concorrente e dalla riduzione dei costi piuttosto che dall’innovazione e dallo sviluppo.
I principali indicatori mostrano che le imprese non spendono più come in passato. Uno sguardo di lungo periodo mostra che l’economia americana è passata da una strategia di crescita ed espansione ad ogni costo negli anni ’50 e ’60 a una di conservazione del capitale.
La combinazione della scarsità di manodopera e bassa spesa per le attrezzature non è un bene per l’inflazione nel lungo termine. I vecchi impianti non possono durare all’infinito e possono crearsi condizioni di scarsità nell’offerta, con conseguente aumento dei prezzi. Ad esempio, nell’industria alimentare ci sono impianti che hanno oltre 50 anni di vita.
In ogni caso, gli Stati Uniti si sono trovati altre volte in questa situazione e ne sono usciti. Si pensi al settore petrolifero, che ha avuto un trend in calo per trent’anni che sembrava irreversibile, finché non è arrivata la rivoluzione nelle tecniche di estrazione con il fracking (fratturazione delle rocce per l’estrazione del gas di scisto, Ndr). Anche l’industria dell’auto ha conosciuto un profondo processo di ristrutturazione, che ha favorito la ripresa e il lancio di prodotti innovativi. Nessuno lo poteva prevedere nel 2007-2008. Quale sarà il prossimo settore che risolleverà l’economia?
Traduzione e sintesi a cura di Sara Silano.
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