Punti chiave
- I tassi d’interesse in salita diminuiscono i rendimenti dei bond.
- La dinamica degli spread di credito è più positiva per le obbligazioni high yield.
- I tassi d'interesse stanno lentamente tornando verso le medie storiche.
L’aumento dei tassi di interesse ha avuto come conseguenza una leggera perdita nella maggior parte degli indici a reddito fisso. I tassi di interesse sembrano pronti a salire ulteriormente nel corso dell’anno, in conseguenza ai segnali di miglioramento dell’economia reale. In un simile contesto, ci aspettiamo che i bond high yield, ad alto rendimento, continuino a battere gli investment grade.
Tassi su, rendimenti giù
Lo scorso trimestre avevamo sottolineato come in molti mercati sviluppati le obbligazioni a breve termine siano state emesse a tassi negativi. La Germania, ad esempio, ha messo in circolazione per la prima volta nella sua storia dei Bund a cinque anni al -0,08%. In pratica, questo comporta una perdita sicura per quegli investitori che tengano il bond fino a scadenza, il che secondo noi ha un senso solo se quell’investitore si aspetta una forte ondata di deflazione. In caso contrario, l’unico modo per gli investitori di guadagnare con questi bond è di rivenderli a un prezzo che presuppone una perdita ancora maggiore per chi li compra; che poi è quello che sperano di fare gli speculatori con la Bce.
Questa strategia in realtà non ha funzionato, dato che i tassi di interesse negli Stati Uniti hanno toccato il fondo durante la fine di gennaio, mentre in Europa i minimi sono stati raggiunti nel mese di aprile. Da allora, i tassi sono costantemente risaliti. Ad esempio, al 24 giugno, il rendimento sui Treasury a 10 anni degli Stati Uniti è salito a 2,83%, 21 punti base in più rispetto alla fine dello scorso anno e 71 punti base dai minimi di gennaio. In Europa, il Bund tedesco a 10 anni è salito a 0,84%, 30 punti base in più rispetto alla fine dello scorso anno e 77 punti base in più rispetto ad aprile.
Poiché i saggi sono aumentati, il prezzo delle obbligazioni è sceso, fino a portare la performance di diversi indici a reddito fisso appena sopra lo zero (o anche in territorio negativo dall’inizio dell’anno (dati in dollari al 24 giugno 2015).
Fonte: Morningstar Direct
Obbligazioni societarie: l’investment grade soffre, l’high yield lo batte
Dall’inizio dell’anno, lo spread medio nel Morningstar Corporate Bond Index (preso a riferimento per le obbligazioni investment grade) si è ampliato di soli otto punti base a 148. Tuttavia, lo spread di credito del Bank of America High Yield Master II Index si è ristretto di 38 pb a 466.
Anche se gran parte della sovraperformance che ci aspettavamo da parte dei bond high yield si è già verificata quest'anno, continuiamo a credere che le obbligazioni ad alto rendimento forniranno guadagni più alti di quelle investment grade. I bond ad alto rendimento hanno una correlazione molto inferiore ai tassi di interesse rispetto ai titoli investment grade e sono più dipendenti dalle condizioni economiche. Anche se l'andamento del Prodotto interno lordo degli Usa nel primo trimestre è stato deludente, Robert Johnson, capo economista di Morningstar, si aspetta una crescita per l'intero anno 2015 tra il 2 e il 2,5%. Per raggiungere tale livello, la crescita del Pil dovrà essere oltre il 3% nel secondo semestre. Questo livello dovrebbe essere sufficiente per schiacciare il tasso di default, il che a sua volta sosterrà il mercato high yield.
Con i tassi di interesse Usa più elevati rispetto a quelli europei, il differenziale di rendimento tra il Morningstar Corporate Bond Index e il Morningstar Eurobond Corporate Index è sostanziale. Attualmente, il rendimento medio del nostro indice delle obbligazioni societarie Usa è del 3,31%, mentre quello delle obbligazioni societarie europee è dell’1,23%. Oltre al maggior rendimento, il potere d'acquisto di chi compra in dollari si è molto apprezzato. Dato che la Federal Reserve ha completato il suo programma di allentamento quantitativo ed è pronta ad alzare i tassi entro la fine dell'anno, il dollaro si è rafforzato. Da inizio anno, il biglietto verde è salito di oltre il 7% contro l’euro e negli ultimi 12 mesi si è apprezzato del 17%. Allo stesso tempo, la valuta Usa è salita del 3% rispetto allo yen giapponese dal primo gennaio (del 21% nell’ultimo anno). Il valore crescente del dollaro ha contribuito ad aumentare la domanda di obbligazioni societarie americane.
I tassi tornano verso livelli normali
L’inflazione non sembra più essere una preoccupazione nel breve termine, anche se potrebbe ripartire il prossimo anno visto che l’impatto del calo dei prezzi del petrolio si affievolirà nella seconda metà di quest’anno. A giugno, il tasso d’inflazione negli Stati Uniti, al netto di cibo ed energia, è salito dello 0,3% mese su mese e dell’1,8% anno su anno. Secondo i calcoli di Johnson, se l'inflazione core rimane all’1,8% e i prezzi del greggio restano dove sono ora, il tasso di inflazione totale potrebbe salire al 2,2% in dicembre e al 3% nel mese di gennaio e febbraio 2016.
Sulla base di questi dati, pensiamo che sia sempre più difficile per la Fed giustificare dei tassi a breve termine quasi a zero. L’intento originale della politica del “tasso zero” era di imbastire una misura di emergenza per sostenere l'intero sistema finanziario nel dicembre 2008, quando l’economia era in caduta libera, con l’idea che una volta superata la crisi finanziaria si sarebbe tornati alla normalità. La disoccupazione è in calo e la crescita economica resta modestamente positiva; ci aspettiamo che questo scenario sia sufficiente per incoraggiare la Fed ad aumentare i tassi a breve termine nella seconda metà del 2015. In questo modo crediamo che il tasso di interesse normalizzato per i Treasury a 10 anni sia compreso tra il 3 e il 3,50%.
Traduzione e sintesi a cura di Valerio Baselli
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.