Quando i cinesi parlano di bolla

La discesa dell’equity del Paese del Drago è il risultato di una forte speculazione da parte di investitori privati a caccia di rendimento. Ci sono opportunità interessanti per chi ha una visione di lungo periodo, ma serve prudenza. 

Marco Caprotti 09/07/2015 | 12:19 Francesco Lavecchia
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Crisi passeggera o scoppio di una bolla speculativa? La domanda sta assillando gli investitori esposti al mercato azionario cinese, alle prese con uno scivolone che, dai massimi del 12 giugno, ha portato le Borse di Shanghai e Shenzhen a perdere circa il 30%, bruciando una capitalizzazione equivalente a 3mila miliardi di dollari. Un brutto sgambetto dopo una corsa che aveva portato i listini a guadagnare il 150% in un anno.

Le autorità del Paese del Drago non sono state a guardare. L’ultima direttiva impartita dalle autorità vieta ai grandi azionisti e ai manager delle aziende di vendere le azioni della loro società. Nel frattempo è stata aperta un’indagine per capire se dietro ai ribassi delle settimane scorse ci siano mani criminali. Scelte che hanno influito positivamente sui corsi.

Questi provvedimenti sono arrivati dopo una serie di altri tentativi per arginare la discesa degli indici. Il governo cinese nei giorni scorsi, ha invitato vari investitori istituzionali a stanziare un piccolo fondo con lo scopo di stabilizzare i mercati. Nella seduta seguente alla richiesta, dopo un +7% in apertura, il mercato di Shanghai ha chiuso al rialzo, ma soltanto di un paio di punti percentuali per poi riprendere con i ribassi.

Serve cautela
A fine giugno, anche nel tentativo di risollevare l’economia stagnante del paese, la Banca popolare cinese ha ridotto il tasso di interesse dei prestiti a un anno di un quarto di punto, fissandolo al 4,85% e il tasso di deposito al 2%. Un modo per permettere alle banche di sostenere le piccole imprese e il lavoro rurale. Una scelta causata anche dal rallentamento degli investimenti nelle infrastrutture, oltre che dalla caduta dei titoli azionari. Pure in questo caso la manovra non è servita a molto. Il mercato azionario di Shanghai è dominato da investitori privati (si stima intorno all’80% dei volumi complessivi) che speculano sui titoli per cercare investimenti che possano offrire ritorni maggiori a quelli offerti dai depositi bancari. Il risultato? “Una crescita dei prezzi delle azioni che non ha nessun collegamento con una crescita, reale o presunta, dei profitti aziendali”, spiega un report di Michele Geraci, Head of China Economic Policy Program and Assistant Professor of Finance  alla Nottingham University Business School.

La bolla sta per scoppiare quindi? Non necessariamente, dicono alcuni operatori, anche se un po’ di prudenza nel maneggiare l’equity cinese, aggiungono, è necessaria. “Le previsioni economiche e di profitti aziendali non giustificano la corsa delle azioni del paese che è stata guidata, invece, da elementi tecnici”, spiega uno studio firmato dal team di ricerca di Fidelity Investments guidato da Dirk Hofschire. “Ci sono opportunità interessanti fra le aziende cinesi per chi ha una visione di lungo periodo. Tuttavia, molti titoli hanno valutazioni alte, soprattutto alla luce di alcune frenate degli utili e dei rischi macro”.

Per i più forti di cuore la discesa delle piazze cinesi potrebbe essere una buy opportunity. “Il recente ritracciamento del mercato domestico cinese ha riportato l’indice Shanghai A shares sui valori di fine marzo”, spiega una nota di Daniele Mellana, responsabile per l’Italia di East Capital.Non crediamo si tratti di una vera e propria bolla perché in termini valutativi, sulla media degli ultimi 10 anni, il mercato domestico cinese esprime un rapporto prezzi/utili di 17, quindi in linea coi maggiori indici quali l’S&P 500 e l’Euro Stoxx 600. Certamente vi sono valutazioni estreme in società nel segmento small & mid caps che presentano multipli elevatissimi in termini di rapporto prezzi/utili, ma storicamente questo mercato ha raggiunto picchi molto più elevati di oggi, come 35 nel 2009 e 49 nel 2007”.

Le scelte operative
In questo scenario, gli analisti di Morningstar hanno individuato alcune società interessanti per chi ha un’ottica di lungo periodo. Guangshen Railway ha perso nell’ultimo mese il 38% della sua capitalizzazione di mercato e ora è scambiato a un tasso di sconto del 50% rispetto al fair value che è pari 40 dollari per azione (per l’Adr quotata sul NYSE). GRS è uno dei principali operatori del settore ferroviario in Cina e opera prevalentemente nella provincia del Guangdong, una delle aree più ricche del paese. “Questo è sicuramente un vantaggio, poiché le assicura un elevato traffico passeggeri, ma al tempo stesso la espone ad una competizione maggiore”, dice Jennifer Song analista azionario di Morningstar. “La società non presenta dunque una posizione di vantaggio competitivo (Economic moat), ma la riforma del settore voluta dal Governo cinese promette di compensare l’effetto negativo della maggiore concorrenza sul mercato e per questo stimiamo per i prossimi cinque anni un tasso medio di crescita del fatturato del 6% e un progresso degli utili del 16%”.

Dongfeng Motor è al momento una delle migliori idee di investimento nel comparto dei beni ciclici. Il titolo della società è scambiato a un tasso di sconto di circa il 50% rispetto al nostro fair value che è pari a 18 dollari di Hong Kong. Il mercato sembra essere pessimista sulle prospettive future del mercato dell’auto in Cina, a causa delle restrizioni imposte dal Governo sul rilascio delle licenze di guida e sulla vendita di nuove auto. Tuttavia, lo sviluppo delle aree rurali e la crescita del reddito medio delle famiglie rappresentano un’ottima opportunità per le case automobilistiche. Dongfeng è il secondo produttore del paese. Grazie ai suoi elevati volumi di vendita riesce a mantenere i costi di  produzione su livelli più bassi rispetto a quelli dei competitor e, grazie alle numerose partnership con diverse case straniere (come Volvo, Renault e Peaugeot), si posiziona su segmenti di prodotto più profittevoli.

Aluminum Corporation of China Limited (Chalco) è il primo operatore nel settore dell’alluminio e detiene le più grandi miniere di bauxite del paese. Il titolo sta pagando il crollo delle Borse cinesi e il rallentamento dell’economia del Dragone. E ora è scambiato a un tasso di sconto di circa il 20% rispetto al fair value che è pari a 11 dollari (per l’Adr negoziata sul Nyse). “Il calo della domanda dell’alluminio ha inciso negativamente sul suo prezzo e quindi sui margini di profitto dell’azienda”, dice Andrew Lane analista azionario di Morningstar. “Nei prossimi anni ci aspettiamo che la progressiva risalita delle quotazioni della materia prima si traduca in una crescita media del fatturato del 4% e in un forte rimbalzo del margine operativo. Il Governo, inoltre, ha intenzione di operare un consolidamento del settore e questo andrebbe sicuramente a rafforzare la posizione di vantaggio competitivo (Economic moat) di Chalco”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Titoli citati nell'articolo

Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Aluminum Corp of China Ltd ADR  
Dongfeng Motor Group Co Ltd Class H4,30 HKD-1,15

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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