Nel corso degli ultimi anni, gli investitori si sono ritrovati ad affrontare una moltiplicazione delle fasi di alta volatilità e di forte incertezza sui mercati finanziari, e l'inizio di quest'anno ne è un’ulteriore prova. Non sorprende, dunque, che in tale contesto gli Exchange traded funds a bassa volatilità abbiano attirato flussi importanti.
Questi fondi passivi quotati fanno parte della più larga famiglia dei replicanti strategic beta, recensiti secondo i dati Morningstar in 408 offerte in Europa, per un totale di 49 miliardi di euro di asset in gestione. All’interno di questo universo, ci sono attualmente 26 prodotti a bassa volatilità quotati nel Vecchio continente, i quali gestiscono complessivamente 4,2 miliardi di euro. Clicca qui per visualizzare l'elenco completo.
La logica dietro queste strategie, note come “minimum volatility” o “minimum variance” consiste nel selezionare e ponderare i titoli basandosi sulla volatilità storica e il livello di correlazione tra i componenti dell’indice replicato. La varianza di un portafoglio è una misura statistica della dispersione dei rendimenti intorno alla media, usata per indicare il rischio di portafoglio.
Meno rischio (a volte) porta più rendimento
Per definizione questi prodotti sono di tipo difensivo, vengono normalmente scelti dagli investitori al fine di limitare le perdite potenziali. Tuttavia, come mostrato dalla tabella seguente, queste strategie sono state anche in grado di sovraperformare nel lungo termine.
Se prendessimo in considerazione solo i periodi di rimbalzo dei mercati, gli indici tradizionali segnerebbero dei rendimenti superiori, ma, sul periodo totale, ”l’effetto cuscino” ottentuo durante le fasi di ribasso dai benchmark a bassa volatilità è stato ampiamente in grado di compensare la differenza.
Promesse mantenute
Scendendo nei dettagli, si nota che per le principali categorie Morningstar, i replicanti di questo tipo sono riusciti a offrire rendimenti più elevati rispetto alla media dei concorrenti e agli indici di riferimento tradizionali su uno e tre anni (un solo Etf tra quelli disponibili l'Europa ha più di cinque anni di vita), mantenendo allo stesso tempo la promessa di una minore volatilità (espressa nelle tabelle seguenti come Standard Deviation).
I rischi dietro l’angolo
Detto ciò, vale sempre la pena tenere a mente i possibili rischi associati a queste strategie. In primo luogo, va ricordato che negli ultimi tre anni ci sono stati diversi periodi con picchi di volatilità, il che ha certamente aiutato questo tipo di approccio d’investimento. Inoltre, spesso queste offerte implicano una scelta geografica che deve essere valutata in base alla fase del mercato attuale.
Infine, quando si sceglie una strategia utilizzando gli Etf, occorre sempre valutare le caratteristiche come la liquidità del fondo, il metodo di replica (rischi associati al prestito titoli con la replica fisica e al rischio di controparte con il metodo sintetico) e i costi.
A questo proposito, le tabelle sopra dimostrano che nella maggior parte dei casi i replicanti “minimum volatility” o “minimum variance” sono più costosi rispetto alla media della loro categoria.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.