Pubblichiamo la nota di Stephen Ellis, Direttore dell'equity e della credit research di Morningstar.
Scelta necessaria, ma non definitiva. Questo è il giudizio degli analisti di Morningstar sulla decisione del Governo italiano di costituire il fondo salva-banche.
Quali problemi risolve
La costituzione di questo fondo, la cui portata è pari a cinque miliardi di euro, agevolerà le operazioni di aumento di capitale da parte di Banco Popolare, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, stimate in un ammontare complessivo di 3,75 miliardi di euro. Questo è dunque un tentativo di ridare stabilità al sistema bancario italiano, ma non risolve il gravoso problema dei crediti insoluti degli istituti di credito.
La soluzione scelta dal Governo viene in soccorso di Unicredit, che sarebbe stata costretta a intervenire da sola in aiuto all’aumento di capitale di Popolare di Vicenza. Inoltre, secondo quanto affermato dall’Esecutivo, in questo modo si riuscirebbe ad aggirare la nuova normativa dell’Ue (il “bail in” impone alle banche una gestione delle fasi di stress finanziario uguale a qualsiasi altra impresa privata), evitando di danneggiare gli azionisti e i creditori degli istituti di credito.
I nodi da sciogliere
Restano, però, ancora dei nodi da sciogliere. Il primo problema è legato all’ammontare stanziato per il fondo. Cinque miliardi, infatti, non sono sufficienti a rispondere alle necessità di liquidità di Monte dei Paschi di Siena, che è gravata da circa 50 miliardi di crediti insoluti. Sarebbe, dunque, auspicabile un intervento di più ampio respiro o un fondo con una capacità molto maggiore, magari attraverso l’ingresso di fondi di private equity. Inoltre, aver costretto i maggiori istituti di credito del paese ad aiutare finanziariamente quelli in difficoltà aumenta il grado di interconnessione delle banche e di conseguenza il rischio che il fallimento di una di esse abbia un impatto ancora più forte sull’intero sistema bancario.
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