Che la Federal Reserve non sia in grado di comunicare con il mercato è un fatto ormai acclarato. Ma il balletto di questi mesi sui possibili rialzi dei tassi (prima dati per possibili poi smentiti) dopo la prima stretta (dal 2006) di dicembre, un merito l’ha avuto: ha ricordato agli investitori, ormai assuefatti da periodi di tassi di interesse ai minimi storici, che anche i bond possono essere rischiosi. Un pericolo che interessa i possessori di fondi bilanciati. “Gli investitori che cercano di controllare i rischi legati al mercato azionario devono stare attenti a non legarsi a un prodotto che possa essere sgambettato dai tassi di interesse”, spiega Russel Kinnel, direttore della ricerca sui fondi di Morningstar in nord America. “Spesso, quando si ha a che fare con un fondo bilanciato, la corsa dei mercati azionari può nascondere il problema. Ma, in generale, è sempre bene tenere d’occhio la duration della parte obbligazionaria”.
Occhio alla duration
Con questo termine si intende un indice sintetico che riunisce in un unico valore la durata di un titolo obbligazionario e la ripartizione dei pagamenti derivanti dal bond. Indica infatti la scadenza media dei pagamenti di un titolo di debito: formalmente è la media ponderata della durata dell’emissione. I pesi di ciascun anno sono dati dai flussi di liquidità (cash flow) di quel periodo (la cedola e, per l'anno di scadenza, la cedola più il capitale) attualizzato per il rendimento dell’obbligazione. Per sua natura, la duration è anche una misura approssimativa della volatilità di un titolo: quanto più è alta, tanto maggiori sono le escursioni di prezzo che subirà il titolo in seguito a una variazione dei tassi di interesse. La duration è definita in anni. Ad esempio una duration di 3 anni significa che il valore dell'obbligazione potrebbe salire del 3% circa se i tassi di interesse diminuissero dell'1%. Viceversa, i titoli con duration elevata tenderanno a scendere in misura molto maggiore rispetto a quelli che ne hanno una bassa, in caso di aumento dei tassi di interesse.
Per vedere la duration e i rendimenti medi dei bond presenti in alcune categorie Allocation guarda la tabella sotto.
Cosa fanno le Banche centrali
Nel frattempo gli investitori cercano di indovinare quali saranno le prossime mosse delle Banche centrali. Un esercizio complicato anche dal referendum inglese per il Brexit (l’uscita del Regno Unito dall’Ue ) che, a seconda dell’esito, può cambiare le strategie di politica monetaria.
La Bank of England nell’ultima riunione (anche per prudenza in attesa del risultato delle urne e per poter ragionare a bocce ferme) non ha modificato propria politica monetaria. La Banca centrale d’Inghilterra ha quindi confermato i tassi di interesse, con il saggio di riferimento che resta fermo allo 0,5%, livello fissato a marzo 2009. La potenziale uscita del Regno Unito dall'Unione europea, invece, è stato uno dei fattori tenuti in considerazione dalla Federal Reserve nel decidere, nel corso dell’ultimo meeting, di lasciare il costo del denaro invariato in un range tra lo 0,25 e lo 0,50%. La Bce, da parte sua tiene in considerazione anche altri elementi. L’ultimo Bollettino economico pubblicato dall’Eurotower dice che il Consiglio direttivo seguirà con attenzione l'evoluzione delle prospettive per la stabilità dei prezzi e, se necessario per il conseguimento del suo obiettivo, agirà ricorrendo a tutti gli strumenti disponibili nell'ambito del suo mandato. “Un ulteriore stimolo alla ripresa economica e al ritorno dell'inflazione su livelli inferiori, ma prossimi al 2% dovrebbe provenire dalle misure di politica monetaria ancora da attuare”, spiega il documento; nel frattempo i tassi restano vicino allo zero. La Bank of Japan continua con la politica dei tassi negativi. Infine, l’istituto centrale nipponico ha rinviato a luglio ogni eventuale mossa di ulteriore allentamento monetario, riconoscendo per la prima volta il ritorno della deflazione nel paese asiatico.
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