I fondi azionari globali sui mercati emergenti hanno voltato pagina rispetto al 2015. Nei primi cinque mesi dell’anno, secondo le stime di Morningstar, i flussi netti sono stati superiori ai 4 miliardi di euro, contro un rosso di 8,7 miliardi dei dodici mesi precedenti.
Nel tornare sui mercati emergenti, gli investitori hanno scelto un approccio diversificato a livello globale, piuttosto che concentrarsi su particolari regioni. In particolare, restano in rosso le categorie specializzate sull’area asiatica e del Pacifico (escluso il Giappone), ma anche l’Europa emergente e i mercati di frontiera. In controtendenza, troviamo l’azionario America latina, che da marzo è tornato ad avere una raccolta netta positiva, dopo aver lasciato sul terreno oltre 2 miliardi nel 2015. L’area è quella che più ha contribuito alle performance positive dei mercati emergenti, con un rialzo del 21,3% (in euro nel primo semestre), che era stata pesantemente colpita dalle vendite l’anno scorso (-25,3%).
C’erano una volta i Bric
Un discorso a parte meritano i prodotti specializzati sui Bric (Brasile, Russia, India e Cina). L’acronimo era stato utilizzato per la prima volta nel 2001 in un report di Goldman Sachs per indicare i paesi con i più alti tassi di sviluppo, destinati, secondo le previsioni di allora, a dominare l’economia globale nei prossimi decenni. Dopo aver toccato il picco di popolarità (da quando Morningstar raccoglie i dati) nel 2009-2010, la parabola è stata discendente e dal 2011 al 2015 ci sono stati riscatti per 6,8 miliardi. Nello stesso periodo, il patrimonio è passato da 11,9 miliardi a 2,9.
Come è accaduto in passato per i fondi tecnologici, anche nel caso dei Bric un tema promettente non necessariamente si traduce in una buona opportunità per gli investitori in fondi, soprattutto se viene lanciato da una casa di gestione e acquistato da un risparmiatore sull’onda della moda, senza guardare i costi, il processo di gestione e le competenze del team di gestione. Negli ultimi cinque anni (a fine giugno 2016), hanno perso in media l’1,2% annuo a fronte di una volatilità (deviazione standard) superiore al 18%. Nello stesso periodo, la più diversificata categoria degli azionari globali emergenti ha guadagnato in media l’1,3% annuo con una rischiosità del 14,7%.
L’Asia non decolla
In termini di flussi nei fondi, l’Asia è la peggior regione da inizio anno. Le principali categorie Morningstar specializzate sulla regione hanno subito riscatti netti per 2,7 miliardi, che si aggiungono ai quasi 12 miliardi usciti nel 2015. D’altra parte, l’indice della regione (Msci Asia-Pacific ex Japan) ha sottoperformato quello generale sui mercati emergenti da gennaio (+0,09 contro +4,05% a fine giugno).
Scelte valutarie
Nell’esporsi ai mercati emergenti globali, gli investitori hanno preferito le classi non coperte dal rischio di cambio. Nei primi cinque mesi dell’anno i fondi hedged infatti, hanno un saldo negativo di 206 milioni. Anche le categorie regionali che riparano dal rischio valutario hanno riscatti superiori alle sottoscrizioni.
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