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Gli sviluppati giocano a fare gli emerging

I paesi emergenti per il momento non sembrano in grado di garantire la crescita che gli investitori si aspettavano. Il loro posto è stato preso dalle aree più mature. Stati Uniti in testa. 

Marco Caprotti 21/07/2016 | 09:52
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I mercati sviluppati hanno scippato le promesse di crescita ai paesi emergenti? A guardare i numeri il sospetto viene. E’ vero che le aree in crescita non sono tutte uguali (così come diverse sono quelle developed). Tuttavia uno sguardo al quadro macroeconomico della prima economia del mondo in senso assoluto (ancora gli Stati Uniti) e della prima emergente (la Cina) fa vedere che qualcosa è cambiato rispetto a qualche anno fa.

Gli ultimi dati arrivati dagli Usa dicono che il settore manifatturiero americano continua a crescere a giugno, ad un ritmo superiore rispetto alle attese e al dato definitivo di maggio. La stima flash dell'indice Pmi manifatturiero a cura di Markit ha infatti mostrato un recupero a 51,4 da 50,7 di maggio e anche rispetto al consensus di 50,8. Il sotto-indice della produzione è salito a 50,9 da 49,4 di maggio (la soglia di 50 divide contrazione da crescita). Nel frattempo è rallentata la crescita delle attività del settore privato dei servizi e manifatturiero cinese. L'indice combinato Caixin nello scorso mese è sceso a 50,3 punti rispetto ai 50,5 punti di maggio. L'indice generale dell'attività dei servizi ha registrato la crescita più alta degli ultimi 11 mesi a 52,7 punti dai 51,2 del mese precedente mentre l'attività manifatturiera ha rallentato la crescita.

I problemi cinesi
I problemi della Cina, che nell’immaginario degli investitori si spostano anche alle altre zone emergenti, non sono un fatto di oggi. Il Regno di mezzo negli ultimi anni ha mostrato uno stato di forma poco invidiabile. Il Pil che aveva abituato gli operatori a balzi dell’11-12% si è portato al 6% (per gli Usa, Morningstar ha una forchetta che va dal 2 al 2,5%. E vengono considerati dati prudenti). Colpa della frenata demografica e, più in generale, dello spostamento da un modello di crescita congiunturale basato sugli investimenti a uno fondato sui consumi interni. Un fenomeno che, peraltro, si è visto in altri paesi emergenti che hanno o stanno affrontando lo stesso tipo di transizione (ad esempio l’India).

“E’ molto facile far crescere le infrastrutture e gli investimenti con provvedimenti di legge e con uno uso esteso del debito”, spiega Robert Johnson, responsabile della ricerca economica di Morningstar. “E’ più difficile, invece, convincere i cinesi a indebitarsi e spendere. Soprattutto quando la stabilità sociale non è ancora un dato del tutto acquisito. I cinesi sono famosi per essere dei risparmiatori. E convincerli a mettere mano al portafoglio non è facile”. A complicare le cose ci si è messo anche un mercato borsistico volatile che, insieme a un settore immobiliare con i prezzi in calo, non fa sentire tranquille le famiglie della Tigre asiatica.

La forza degli Usa
Per chi vuole fare business, gli Stati Uniti hanno indubbi vantaggi rispetto non solo alla Cina (dove lo stato entra in società con le imprese straniere), ma all’intero universo degli emerging. Fra questi ci sono il clima favorevole alle imprese, una forte cultura d’impresa e un settore bancario vitale nonostante alcuni problemi momentanei. “Mentre la Cina rallentava, gli Usa sono anche stati capaci di raggiungere l’indipendenza energetica grazie allo shale oil. Anche nel settore tecnologico, che fino a qualche anno fa sembrava terra di conquista dei cinesi gli americani la fanno di nuovo da padroni. Facebook, Amazon, Google e Netflix continuano a rappresentare una percentuale sproporzionata della quota di mercato dell’IT. E la battaglia è destinata diventare sempre più dura. Nel campo delle vendite online la cinese Alibaba ha un mercato a disposizione che è potenzialmente più grande di quello di Amazon. Nel comparto della messaggistica, WeChat, il rivale di WhatsApp in Cina, ha 650 milioni di visitatori attivi contro 1 miliardo per l’omologo statunitense. Nell’area delle piattaforme sociali, Sina Weibo, con mezzo miliardo di utilizzatori, si confronta con Facebook, mentre Weibo, nel microblogging, è un sito che lotta bene con Twitter. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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