“Se non puoi batterli fatteli amici”. L’esortazione, attribuita a Giulio Cesare, viene seguita alla lettera dai gestori di fondi che, in un periodo di tassi di negativi (generati dalle politiche di riduzione del costo del denaro e dai programmi di Quantitative easing delle banche centrali che hanno spinto le curve dei rendimenti al ribasso) sono stati spinti a spostarsi verso la parte lunga della curva per andare a caccia di rendimenti.
Secondo i calcoli di Morningstar (che ha utilizzato i dati di Barclays e Citgroup, i due fornitori dei maggiori indici obbligazionari utilizzati come benchmark dai gestori) sul mercato c’è carta con rendimento negativo per un ammontare di circa 13mila miliardi di dollari. La maggior parte è formata da debito giapponese, che rappresenta la quota maggiore presente nei portafogli obbligazionari internazionali. Il resto è composto, fondamentalmente, da titoli di debito francesi e tedeschi.
Come usare i tassi negativi
Bisogna preoccuparsi se si hanno bond con yield negativi? “Non necessariamente”, risponde Jarin Anderson, responsabile delle strategie obbligazionarie di Morningstar. “Il caso dei bond nipponici in questo senso è illuminante. Molti gestori li usano come strumento di ribilanciamento quando nei portafogli hanno un rischio di credito troppo alto. Lo yen, tra l’altro, si è dimostrato un buon sistema di difesa nei momenti di stress di mercato”. Durante la crisi del 2008, ad esempio la divisa nipponica si è apprezzata del 23% e si è rafforzata anche nel terzo trimestre del 2011 e nel 2015, quando c’è stato un sell off sulle monete dei mercati emergenti. “Lo yield negativo dei titoli giapponesi può aiutare anche in un altro modo: accorcia la curva dei rendimenti mano a mano che il bond si avvicina alla scadenza impedendogli di scendere ulteriormente se mantenesse la stessa pendenza”.
Il debito europeo…
Strategie simili vengono messe in piedi anche con la carta europea. Sfruttando l’orizzonte di lungo periodo delle politiche monetarie e del programma di QE della Bce, per esempio, un investitore istituzionale può acquistare bond a tassi negativi rivendendoli in futuro alle banche centrali ad un tasso ancora più basso, realizzando così dei guadagni. Tale strategia richiede però molta cautela e la consapevolezza dell’effetto “a molla” che una compressione - notevole- dei rendimenti da parte delle politiche monetarie delle Banche centrali ha generato. Al minimo segnale di miglioramento nella crescita economica o delle previsioni sull’inflazione può innescarsi infatti un sell off che spingerebbe anche di molto, al rialzo i tassi di interesse, così come accaduto al rendimento del Bund decennale nel secondo trimestre del 2015, salito di 100pb in meno di due mesi.
“Per aumentare il rendimento del portafoglio, un’opportunità è quella di esplorare titoli a rating inferiore.In paesi come l’Italia, bastano obbligazioni con scadenza a tre anni per trovare rendimenti positivi, mentre in Germania sarebbe necessario aspettare il 2031”, spiega uno studio firmato da Andrew Cormack, portfolio manager di Western Asset (gruppo Legg Mason). “Titoli di stato a parte, continuiamo a essere positivi su alcuni settori del credito investment grade. Anche se i rendimenti dei corporate bond sono ora tornati al di sotto delle medie storiche, gli spread continuano a mantenersi su livelli piuttosto elevati ed è importante condurre un’analisi rigorosa per selezionare le migliori opportunità.
…e quello americano
Andando con lo sguardo dall’altra parte dell’Atlantico, il mercato canadese sta iniziando ad apparire interessante. “La crescita è piuttosto assopita e i livelli di disoccupazione sono aumentati negli ultimi 18 mesi. La Banca centrale è concentrata sulla crescita delle esportazioni non energetiche che, ad oggi, è stata minima. Perciò, in un contesto nel quale la maggior parte dei mercati obbligazionari sviluppati sono incredibilmente costosi, il Canada sta diventando più attraente”, spiega un report di Adrien Owens, Investment director obbligazioni e valute di GAM. Spostandosi più sud nel continente americano si arriva nell’area Latam. “Continuiamo a mantenere la nostra posizione lunga sui tassi brasiliani e la storia di investimento si sta sviluppando in larga parte come speravamo: l’inflazione è in calo, la crescita mostra modesti segni di miglioramento e la valuta sta tendendo bene. Ci aspettiamo che la Banca centrale tagli i tassi più di quanto il mercato abbia prezzato, portandoli possibilmente di nuovo in area 10% dal 14,25%”, dice Owens.
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