Se si analizza l’andamento della crescita economica negli ultimi 50 anni, si nota che molte cose sono cambiate. “Intorno agli anni ’60, l’economia globale cresceva annualmente del 5,5%”, spiega Bob Johnson, direttore della ricerca economica di Morningstar. “Quello era il periodo d’oro, si usciva dalla guerra, bisognava ricostruire e c’è stata anche un’ondata di nascite, i cosiddetti baby boomers. Poi, lentamente la crescita mondiale è scesa nel corso del tempo, fino ad attestarsi negli ultimi cinque anni intorno al 3,5%”.
Fonte: Morningstar
Dalla tabella si può notare come il primo decennio degli anni 2000 abbia segnato in realtà una risalita, controcorrente rispetto alla tendenza generale. “Questo rimbalzo è dovuto quasi esclusivamente all’esplosione dell’economia cinese, che in quegli anni ha registrato tassi di crescita a due cifre”, commenta Johnson.
Se invece si prende in considerazione la crescita economica pro-capite, il discorso cambia. In effetti, dagli anni ’80 in poi, la crescita per persona ha segnato un miglioramento, con l’eccezione degli ultimi cinque anni. “Credo che i fattori demografici stiano alla base di quest’ultima flessione – afferma Johnson – e non solo in termini di numero di persone, ma anche per il fatto che la popolazione sta invecchiando e questo cambia le abitudini di spesa e di risparmio”.
Secondo le statistiche di Eurostat, la popolazione dell’Unione europea (composta da 28 paesi) è pari a 508,5 milioni di persone al primo gennaio 2015. I giovani (sotto i 14 anni) rappresentano il 15,6%, mentre gli anziani (sopra i 64 anni di età) il 18,9%. Quest’ultimo gruppo ha conosciuto una crescita dello 0,4% rispetto all’anno precedente e del 2,3% rispetto a dieci anni prima.
Com’è cambiata l’età mediana nei paesi dell’Ue tra il 2005 e il 2015
Fonte: Eurostat
Tra tutti gli Stati membri dell’Ue, la percentuale più alta di giovani nella popolazione totale nel 2015 è stata osservata in Irlanda (22,1%), mentre la percentuale più bassa è stata registrata in Germania (13,2%). Per quanto riguarda la quota di persone nella popolazione totale di età superiore ai 64 anni l’Italia si piazza al primo posto con il 21,7%, seguita dalla Germania (21%) e dalla Grecia (20,9%).
Demografia, la battaglia persa delle banche centrali
E le politiche accomodanti delle banche centrali che mirano a rilanciare l’economia, purtroppo, devono fare i conti con i trend demografici. Immettere liquidità nel sistema, abbassare i tassi d’interesse e svalutare la moneta può avere alcuni effetti positivi nel breve termine, ma non può far nulla contro l’invecchiamento della popolazione.
“Ci sono molte cose che potrebbe essere fatte per migliorare la situazione, la maggior parte delle quali non hanno niente a che vedere con la politica monetaria. Ad esempio, cercare di tenere le persone nel mondo del lavoro più a lungo. Allo stesso tempo, si potrebbero implementare politiche che incentivino i giovani a entrare nel mondo del lavoro prima, attraverso magari dei contratti misti scuola-lavoro, part-time o di apprendistato. In questo modo, la forza lavoro disponibile si estenderebbe anche in mancanza di una vera crescita della popolazione”, spiega il direttore della ricerca economica di Morningstar.
Questo trend decrescente nella forza lavoro dei paesi sviluppati avrà, e in parte è già così, degli effetti sui profitti delle aziende, in quanto la loro spesa per pagare i propri dipendenti dovrebbe aumentare, almeno secondo la legge dell’offerta e della domanda. “Questo potrebbe influire negativamente sui profitti aziendali, ma allo stesso tempo porterebbe più soldi in tasca ai consumatori, il che potrebbe essere utile in altri settori dell'economia”, conclude Johnson.
Qui sotto la video intervista a Bob Johnson
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