Rialzo dei tassi, ecco cosa cambia per i fondi obbligazionari

Le mosse della Fed e le aspettative sull’inflazione americana fanno male alle categorie bond US e a quelle emergenti con valuta diversa dal dollaro. Batte il benchmark chi è andato corto sulla duration.  

Sarah Bush 25/01/2017 | 10:02
Facebook Twitter LinkedIn

 

 

 

 

Jeremy Glaser: Subito dopo le elezioni americane gli investitori hanno guardato alla reazione dei listini azionari, ma in breve tempo l’attenzione si è spostata sui movimenti del mercato obbligazionario. Sono qui in compagnia di Sarah Bush, responsabile della ricerca Morningstar sul reddito fisso per il Nord America, che ci aiuterà ad analizzare le performance dei fondi obbligazionari. 

Sarah, grazie per essere qui.

Sarah Bush: Grazie per avermi invitata, Jeremy.

Glaser: Iniziamo con il parlare della curva dei rendimenti, quali sono seconde te le principali variabili che hanno determinato i suoi recenti movimenti?

Bush: Quello a cui abbiamo assistito, in realtà, è la continuazione di un trend che è iniziato nel luglio scorso, quando il rendimento dei decennali governativi americani ha toccato il minimo. Da allora abbiamo assistito a un progressivo spostamento verso l’alto della yield curve fino all’accelerazione registrata nei giorni successivi alle elezioni presidenziali. Il rialzo dei tassi d’interesse implica la realizzazione di perdite da parte dei fondi che investono in obbligazioni Usa, ed è esattamente quello che si è verificato per molte categorie.

Cosa ha prodotto questo spostamento? In larga misura esso può essere ricondotto alle aspettative sulla crescita dell’inflazione, a loro volta salite in seguito alle promesse elettorali fatte dalla nuova amministrazione americana che ha parlato di ingenti investimenti in infrastrutture. Se questi ultimi fossero accompagnati da tagli fiscali si tradurrebbero inevitabilmente in un aumento dell’inflazione.

Ci sono poi anche altri fattori da analizzare. Il primo è legato alle ripercussioni che un’eventuale revisione dei trattati commerciali potrà avere sull’indice dei prezzi. Da una parte essa rischierebbe di aumentare l’inflazione, poiché limiterebbe l’ingresso di prodotti esteri a buon mercato. Ma dall’altra, potrebbe causare una contrazione alla domanda globale e dunque frenare l’ascesa dei prezzi. Ci sono quindi spinte contrastanti che lasciano dubbi sul risultato finale di questo provvedimento.  

Il secondo riguarda la possibile stretta all’ingresso di stranieri negli Stati Uniti. Decisione che potrebbe tradursi in un rialzo del livello medio dei salari negli Usa. Dietro questo forte spostamento del yield curve, però, ci sono anche altre variabili come ad esempio l’incertezza su possibili misure di politica economica, o sulla reale portata degli interventi sino ad ora promessi. E questo ci aspettiamo che possa tradursi in una maggior volatilità dei rendimenti.

Glaser: Credi che questa volatilità possa essere causata anche dai timori di un nuovo rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed?

Bush: Certo. Credo che il mercato avesse già incorporato nelle sue valutazioni, prima delle elezioni americane, la decisione presa dalla Banca centrale lo scorso 14 dicembre. Mentre ora le aspettative sono per una probabilità dell’85% che la Fed si ripeta nella prossima riunione.

Glaser: Guardiamo ora alle categorie dei fondi. Quali sono quelle che hanno performato meglio, quali hanno fatto male? E’ andato tutto come da previsioni?

Bush: Si, grosso modo è andato tutto secondo le attese. Gran parte delle perdite che abbiamo registrato riguardano i comparti obbligazionari che investono in titoli governativi americani a lungo termine, che sono molto sensibili alle variazioni dei tassi di interesse. Dall’altra parte, invece, quelli esposti alle obbligazioni a breve e brevissimo termine, che reagiscono meno alle oscillazioni del costo del denaro, hanno performato discretamente bene. Ci sono, poi, alcuni risultati meno ovvi, come il negativo andamento della categoria emerging bond e in particolare di quei fondi denominati in valuta estera. Questi comparti, ma anche quelli che investono sui mercati globali con una forte esposizione a valute diverse dal dollaro hanno pagato il forte apprezzamento del biglietto verde. Un altro segmento in sofferenza è stato quello dei bond municipali americani.

Glaser: I comparti che investono in titoli con scadenza nel medio termine hanno performato meglio o peggio rispetto alla media?

Bush: Nel complesso la categoria “intermediate term bond” ha fatto meglio del benchmark (rappresentato dall’indice Barclays--Bloomberg Barclays U.S. Aggregate Bond). Questo risultato, a mio avviso, è dovuto al fatto che la maggioranza dei fund manager di questi comparti che adottano una strategia attiva hanno deciso di andare corti sulla duration, e questo li ha avvantaggiati in un contesto di rialzo dei tassi di interesse.

Glaser: Cosa possiamo dire quindi agli investitori? Credi che debbano preoccuparsi per il futuro andamento del mercato obbligazionario a causa dell’aumento dell’inflazione o dei tassi di interesse?

Bush: Prima di tutto bisogna precisare che nell’ottica dell’investitore è una cosa positiva quella di avere tassi di interesse più alti. Se, ad esempio, erano soddisfatti di ricavare l’1,4% sulla esposizione ai Treasury Bond a 10 anni a metà luglio scorso, lo saranno ancora di più ora che i rendimenti sono più elevati. Questo non significa che bisogna sottovalutare il rischio inflazione, ma una maggior remunerazione del rischio resta comunque un punto a favore.

Un’altra cosa da tenere in considerazione è l’orizzonte temporale del proprio investimento. Se si ragiona in ottica di lungo periodo, l’aumento dei tassi di interesse è un vantaggio. Se, invece, si ha un obiettivo di breve termine allora si corre il rischio di sbagliare il timing con il quale si entra sul mercato obbligazionario. Cosa che succede anche a numerosi fund manager.

Infine, quelli particolarmente preoccupati dalla variazione dell’indice dei prezzi possono proteggersi investendo in strumenti come ad esempio i Treasury Inflation-Protected Securities. Molti gestori hanno fatto questa scelta, soprattutto negli ultimi anni, dunque è possibile che guardando con attenzione al proprio portafoglio obbligazionario si realizzi di avere già un’adeguata esposizione a questa tipologia di titoli. Tuttavia, è possibile acquistare a prezzi contenuti dei veicoli che garantiscono una copertura a tale rischio.

Glaser: Sarah, grazie per il tuo intervento di oggi.

Bush: Grazie a te.

Glaser: Per Morningstar, Jeremy Glaser. Grazie per la visione.

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

LEGGI ALTRI ARTICOLI SU
Facebook Twitter LinkedIn

Info autore

Sarah Bush  Sarah Bush is a senior analyst with Morningstar.

© Copyright 2024 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures