Nel corso degli ultimi anni, gli investitori si sono ritrovati ad affrontare una moltiplicazione delle fasi di alta volatilità e di forte incertezza sui mercati finanziari. Il 2016 ne è stato un esempio lampante. Non sorprende, dunque, che in tale contesto gli Exchange traded fund che mirano a minimizzare il rischio abbiano attirato un interesse crescente.
Questi fondi passivi quotati fanno parte della più larga famiglia dei replicanti strategic beta (Morningstar ne conta 330 in Europa, per un totale di 43 miliardi di euro di asset in gestione alla fine dell’anno passato).
“Strategic beta” è la definizione che Morningstar ha scelto per indicare gli indici e gli strumenti finanziari passivi che superano le metodologie tradizionali a capitalizzazione e che cercano sia di incrementare la performance, sia di modificare il livello di rischio relativo rispetto al benchmark standard, rappresentando una via di mezzo nello spettro attivo-passivo. Comunemente vengono denominati smart beta, enhanced beta o alternative beta. Clicca qui per approfondire.
All’interno di questo universo, ci sono attualmente 28 prodotti risk-oriented quotati nel Vecchio continente, i quali gestiscono complessivamente 6,42 miliardi di euro al 15 marzo 2017 (la tabella sottostante mostra i primi dieci per patrimonio gestito). Di questi 28, ce ne sono 15 quotati anche su Borsa Italiana e quattro attualmente coperti dalla ricerca qualitativa di Morningstar.
La logica dietro queste strategie, note come minimum volatility, minimum variance o risk weighted consiste nel selezionare e ponderare i titoli basandosi sulla volatilità storica e il livello di correlazione tra i componenti dell’indice replicato. La varianza di un portafoglio è una misura statistica della dispersione dei rendimenti intorno alla media, usata per indicare il rischio di portafoglio.
Meno rischio (a volte) porta più rendimento
Per definizione questi prodotti sono di tipo difensivo, vengono normalmente scelti dagli investitori al fine di limitare le perdite potenziali. Tuttavia, come mostrato dalla tabella seguente, mentre queste strategie possono soffrire in periodi di rally, hanno dimostrato di sovraperformare nel lungo termine.
Se prendessimo in considerazione solo i periodi di rimbalzo dei mercati, gli indici tradizionali segnerebbero dei rendimenti superiori, ma, sul periodo totale, l’effetto cuscino ottenuto durante le fasi di ribasso dai benchmark a bassa volatilità è stato ampiamente in grado di compensare la differenza.
I rischi dietro l’angolo
Detto ciò, vale sempre la pena tenere a mente i possibili rischi associati a queste strategie. In primo luogo, va ricordato che negli ultimi tre anni ci sono stati diversi periodi con picchi di volatilità, il che ha certamente aiutato questo tipo di approccio d’investimento. Inoltre, spesso queste offerte implicano una scelta geografica che deve essere valutata in base alla fase del mercato attuale.
Infine, quando si sceglie una strategia utilizzando gli Etf, occorre sempre valutare le caratteristiche come la liquidità del fondo, il metodo di replica (rischi associati al prestito titoli con la replica fisica e al rischio di controparte con il metodo sintetico) e naturalmente i costi.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.