C’è chi sceglie in base alle performance, chi decide dopo aver studiato le strategie e chi si fida del nome della casa di gestione. Ma a fare la differenza, quando si decide di acquistare un fondo di investimento, dicono gli analisti di Morningstar, devono essere e saranno sempre di più i costi dei prodotti.
In attesa di Mifid 2
L’argomento è stato già affrontato in passato (clicca qui e qui), ma sta diventando sempre più di attualità mano a mano che si avvicinano le scadenze per l’introduzione della Fiduciary Rule negli Stati Uniti (prevista per giugno) e della direttiva Mifid 2 in Europa (a gennaio 2018) che, sostanzialmente, obbligano gli intermediari finanziari ad agire nell’interesse dei clienti. “Le migliori società a cui affidare i propri risparmi nel prossimo decennio saranno quelle che offriranno fondi poco costosi”, dice senza girarci intorno Laura Pavlenko Lutton, Director of Manager Research di Morningstar. “Abbassando le spese i gestori daranno ai loro prodotti una marcia in più e aumenteranno le probabilità di fare meglio dei loro concorrenti passivi. Certo, i margini di profitto delle società di gestione si assottiglieranno, anche perché dovranno investire di più per migliorare la performance degli investimenti e la distribuzione dei prodotti. Ma le case che da sempre sono state attente ai costi saranno meno sotto pressione sul fronte del ribasso delle commissioni.
Il punto di vista degli analisti
Fra le case di gestione di livello globale che sono ben posizionate per poter offrire ai clienti soluzioni vantaggiose dal punto di vista dei costi c’è BlackRock. Secondo l’ultimo Observer di Morningstar dedicato alle società di asset management, l’introduzione delle direttive sui mercati finanziari farà crescere l’appetito per i prodotti index based, quelli meno costosi. In questo segmento, a livello globale, anche attraverso la piattaforma di Etf iShares, BlackRock ha una quota di mercato del 37%. C’è però del lavoro da fare. Secondo i fund analyst di Morningstar, infatti, i risultati delle sue strategie attive rimangono irregolari (per quasi la metà dei fondi coperti da Morningstar Analyst Rating il giudizio sulle performance è neutrale o negativo). L’investimento personale dei gestori potrebbe essere ancora maggiore, le commissioni sono in alcuni casi diminuite, ma restano complessivamente nella media. La società deve anche bilanciare i suoi obblighi nei confronti dei clienti con quelli verso gli azionisti.
Un’altra casa di gestione sulla quale gli analisti di Morningstar puntano i fari quando si parla di prezzi è T.Rowe Price (TRP). “Mentre molti suoi concorrenti attivi stanno realizzando solo ora che i costi alti alla fine si traducono in un disservizio per gli investitori, TRP ha sempre avuto un occhio attento a queste voci”, spiega l’Observer. Secondo i fund analyst di Morningstar, la società in passato ha già dimostrato di saper agire nell’interesse dei sottoscrittori, ad esempio chiudendo strumenti con masse in gestione troppo elevate ed evitando di lanciare sul mercato prodotti solo per seguire le mode del momento. A dare una mano al giudizio positivo ci sono anche le commissioni ragionevoli e piani retributivi per i gestori basati sulle performance di lungo periodo. Variazioni sono state apportate ai sistemi di compenso per gli analisti per dare maggior enfasi, anche in questo caso, ai risultati di lungo periodo e agli effetti che il loro lavoro ha sull’andamento del portafoglio. Anche in questo caso l’investimento dei gestori nei fondi che guidano dovrebbe aumentare.
Questi esempi per dire che, negli Usa, i costi sono diventati da tempo un elemento essenziale (ma non il solo) quando si parla di scelta dei fondi. E’ stato dimostrato, infatti, che il tasso di successo di un fondo, inteso come miglior rendimento e minore probabilità di chiusura, aumenta con il diminuire delle spese.
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