La settimana scorsa si è svolto a New York il Sustainable development simmit promosso dal World economic forum (Wef), durante il quale si sono discusse le azioni concrete per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030 e dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (Cop21).
Lontani dall’obiettivo
Quest’ultimo è stato uno dei temi centrali del dibattito. Si stima che servano altri mille miliardi di dollari annui di investimenti in energie pulite per limitare il surriscaldamento della terra sotto i due gradi e 5-7 mila miliardi per centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) ambientali e sociali fissati dalle Nazioni Unite per il 2030. Possono sembrare cifre enormi, ma la Commissione internazionale che ne promuove la realizzazione prevede un ritorno, in termini di opportunità di mercato di 12 mila miliardi nel momento in cui governi e imprese investiranno in modo più rispettoso dell’ambiente, delle comunità locali e promuovendo il reale benessere delle persone (lotta alla povertà, istruzione, acqua pulita, consumo e produzione responsabile, riduzione delle disuguaglianze, ecc.).
Per Valerie Smith, responsabile della corporate sustainability di Citi e presente al summit del Wef, gli investimenti in questa direzione restano inferiori al livello adeguato per raggiungere gli obiettivi; tuttavia è in crescita il numero di prodotti finanziari green o sociali formulati per rispondere alla crescente domanda da parte degli investitori. In particolare, il mercato delle cosiddette obbligazioni verdi è più che raddoppiato nel 2016, raggiungendo i 95 miliardi di dollari (fonte: Bloomberg New energy finance).
L’energia alternativa nei fondi
Un altro strumento è rappresentato dai fondi ed Etf che investono in energie alternative. Da inizio anno, quelli europei hanno raccolto 222 milioni di euro, invertendo la tendenza negativa che ha caratterizzato gli ultimi tre anni. Guardando ai rendimenti, sembra che gli investitori abbiano sottostimato le potenzialità delle cosiddette clean energy. Infatti, se un individuo avesse investito 10 mila euro in questa categoria di fondi tre anni fa, ora si troverebbe con 10.800 euro contro i 7.160 dell’industria tradizionale.
L’analisi di Morningstar sui portafogli azionari del settore delle rinnovabili rivela che il Sustainability score medio è di 47,85 punti, leggermente superiore a quello della categoria con focus sulle società energetiche tradizionali. Quello che fa la differenza, tuttavia, è l’indicatore di controversie che per le new energy è decisamente più basso. Questo indice misura il grado di coinvolgimento di un’azienda in eventi dannosi per la stessa, ma anche per l’ambiente e la società. Sono quindi inclusi disastri come lo sversamento di greggio causato dalla rottura di un oleodotto, l’incendio di pozzi petroliferi o l’esplosione di una petroliera, che sono tristemente iscritti nella storia delle grandi compagnie dell’oro nero.
Cosa fanno le compagnie petrolifere
L’analisi dei singoli pilastri ESG (Environmental, social, governance) mostra un punteggio ambientale medio molto simile per le due categorie di fondi, che può essere spiegato dall’impegno dell’industria tradizionale sul fronte della lotta al cambiamento climatico, con percorsi di decarbonizzazione dei processi produttivi e di efficienza energetica. Dieci delle più grandi aziende del settore, che rappresentano un quinto della produzione globale di oil and gas, inclusi Bp, Eni, Cnpc, Royal Dutch Shell, Saudi Aramco e Total, hanno aderito all’Oil and gas climate initiative per collaborare ad attività di riduzione dell’inquinamento.
Bene i fondi ecologici
Un’altra tipologia di fondi che investe in aziende di prodotti e servizi per un ambiente più pulito, inclusi, oltre alle energie alternative, le attività per il controllo dell’inquinamento, il trattamento delle acque o l’efficienza energetica, è quella degli Azionari ecologia. Il punteggio di sostenibilità è più elevato delle precedenti categorie, frutto di un ESG score più alto e un indice delle controversie relativamente basso. Si può quindi dire che rispettano sostanzialmente il mandato di gestione che li caratterizza, anche se i valori medi nascondono differenze a livello di singoli prodotti (clicca qui per un’analisi più approfondita).
Volere e dovere fare
Come è emerso in una recente SRI Breakfast su quali opportunità ci siano per gli investitori dal cambiamento climatico, la finanza ha un ruolo fondamentale nel promuovere modelli di sviluppo sostenibile. Settori come le energie rinnovabili e l’efficienza energetica sono in fermento, per una combinazione di diversi fattori quali la maggior competitività dei prezzi, il progresso tecnologico, le normative e le pressioni politiche per ridurre le emissioni inquinanti. Insomma, quello che fino a poco tempo fa dipendeva dalla sensibilità degli investitori o delle aziende verso l’ambiente, ora diventa una necessità o ancor più un obbligo di legge.
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