Sentiamo spesso dire dai giovani che “tanto loro la pensione non la prenderanno mai”. Al di là di quello che sarà il futuro del primo pilastro della previdenza, quello pubblico obbligatorio, ci si dimentica troppo di frequente che il nostro futuro benessere dipende anche e soprattutto dalle nostre scelte.
Quando cominciamo a lavorare dobbiamo stabilire una certa percentuale di risparmio e rispettarla, per quanto dipende dalle nostre possibilità. E’ possibile che sia piccola, ma potrà poi essere incrementata nel tempo. Il calcolo più impegnativo è stabilire quanto mettere da parte. Il punto di partenza è l’obiettivo che è mantenere il nostro stile di vita una volta in pensione, il che significa tenere conto che avremo probabilmente maggiori spese per le medicine o per i viaggi e minori per spostarci da casa al luogo di lavoro o per l’acquisto di nuovi vestiti.
Il tasso di sostituzione
Un indicatore che ci viene in aiuto è il tasso di sostituzione, che è il rapporto tra la prima pensione ottenuta e l’ultimo salario ricevuto. In pratica, ci dice quanto perdiamo a uscire dal mondo del lavoro. Molte persone si danno come obiettivo l’80% della paga precedente il pensionamento. Secondo alcune simulazioni di Itinerari Previdenziali, un lavoratore dipendente nato nel 1981 e che ha iniziato a lavorare a 24 anni, potrebbe centrare il target, a condizione però che si ritiri a 70,3 anni con 39,3 anni di contributi. La proiezione è basata su un’ipotesi di Pil (Prodotto interno lordo) reale che cresca dell’1,57% annuo, un’inflazione del 2% e un aumento delle retribuzioni individuali reali dell’1,51%. Condizioni che possiamo definire più che ottimistiche data la situazione attuale dell’Italia.
Se ripetiamo l’esercizio ipotizzando un Pil a +0,8%, il tasso di sostituzione scende al 75% a parità delle altre condizioni. Per i lavoratori autonomi, poi, i valori sono ancora più bassi (68,3%). Per queste ragioni, il risparmio diventa indispensabile per raggiungere il nostro obiettivo di benessere quando saremo anziani.
Le variabili
Alcuni studi suggeriscono di cominciare con il darsi l’obiettivo di raddoppiare il reddito del primo anno di lavoro nel giro di dieci anni. Se abbiamo 24 anni e guadagniamo circa 20 mila euro l’anno, dovremmo quindi arrivare a 34 con un patrimonio di 40 mila. Per capire quanto risparmiare, è necessario ipotizzare un tasso di rendimento medio annuo del nostro portafoglio, ricordando che sul lungo periodo le azioni tendono ad avere performance migliori delle obbligazioni. In ogni caso, più è bassa la percentuale di ritorno atteso, maggiore dovrà essere il nostro risparmio annuo.
Il calcolo
Per calcolare quanto mettere da parte, dobbiamo utilizzare i seguenti dati:
- Il reddito annuo quando entriamo nel mondo del lavoro: nell’esempio è 20 mila euro
- L’obiettivo patrimoniale che ci siamo dati: 40 mila
- L’età del primo impiego: 24 anni
- L’orizzonte temporale: 10 anni
- Il rendimento medio anno del nostro portafoglio: 5%
Utilizzando la funzione PMT (in italiano Rata) di un foglio Excel, quella per il calcolo delle rate (o una calcolatrice finanziaria), otteniamo quanto dobbiamo risparmiare ogni anno (nel nostro esempio 3.180,18 euro). Se dividiamo questo valore per il reddito iniziale abbiamo la percentuale di accantonamento annuo (in questo caso è il 16%). Se lo dividiamo per il numero di buste paga in un anno (ipotizziamo 13 mensilità) otteniamo il contributo per ogni stipendio: circa 244 euro nel nostro esempio. In realtà, la somma potrebbe essere più bassa se sottoscriviamo una forma previdenziale che prevede anche il contributo del datore di lavoro (fondo pensione aperto, negoziale o preesistente ad adesione collettiva), perché una parte dell’accantonamento la coprirà l’azienda.
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