L’onestà paga in Borsa? Al di là delle personali convinzioni dei singoli investitori, la domanda diventa sempre più importante in un periodo in cui il concetto di investimento sostenibile ha iniziato a comprendere questioni che vanno al di là del semplice rispetto per l’ambiente, comprendendo fattori come, ad esempio, l’uguaglianza di genere e la governance (anche politica).
Per fare un’analisi a largo spettro Morningstar ha messo a confronto i dati sui total return dei 40 mercati azionari più grandi del mondo con i numeri sulla corruzione dei paesi elaborati da Transparency International. Il report riprende e amplia uno studio analogo fatto nel 2013 su 20 paesi (clicca qui per leggerlo)
Anche in questo caso i listini presi in considerazione sono quelli geografici sui singoli paesi elaborati da Msci International. I dati di performance vanno da agosto 2013 a luglio 2018. I dati sulla corruzione sono quelli del 2013.
Corruzione vs Total return
Fonte: Elaborazione Morningstar su dati Transparency International
I paesi bassi , Hong Kong, Belgio, Giappone e Stati Uniti si sono piazzati ai primi posti per quanto riguarda bassi livelli di corruzione e alti rendimenti. Nigeria, Russia, Indonesia, Filippine, Messico e Colombia si sono al livello più basso. Letta in un altro modo: dei 10 paesi che si sono piazzati nel quartile più basso per i return, nove hanno livelli di corruzione sopra la media. L’italia si posizione discretamente per quanto riguarda i rendimenti, ma non benissimo a livello di corruzione.
“Visto dal punto di vista della capitalizzazione di mercato il discorso cambia leggermente” spiega John Rekenthaler, vice president della ricerca Morningstar che ha curato l’analisi. “Cina e India hanno il terzo e il quarto rendimento in classifica, ma si posizionano male in quanto a onestà”.
I rischi
Un altro aspetto da considerare sono i rischi. La correlazione fra la deviazione standard e il livello di corruzione a cinque anni ha mostrato che i paesi più onesti hanno mostrato un maggior grado di stabilità (anche qui, l’Italia non brilla). “Il fatto di aver effettuato i calcoli in dollari può aver inficiato il risultato, visto che alcuni paesi hanno la divisa legata alla moneta Usa”, dice Rekenthaler. “Tuttavia fra i virtuosi della classifica ci sono anche UK e Giappone che non sono legati al dollaro, quindi il currency effect può essere considerato marginale”.
Fonte: Elaborazione Morningstar su dati Transparency International
Questo significa che non bisogna investire nei paesi più corrotti? “Non vogliamo dire che gli indici sulla corruzione debbano guidare le scelte di allocation geografica degli investitori”, risponde Rekenthaler. “Tuttavia gli operatori dovrebbero considerare diversi punti di vista quando si muovono sui mercati e non soltanto la velocità con cui una società può crescere. Ad esempio, si potrebbero domandare quanta parte del potenziale profitto di un portafoglio può essere bruciata dal comportamento scorretto dei politici di una nazione”.
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