Il prolungato periodo di bassi tassi di interesse ha indotto le case di gestione e gli investitori a esplorare nuove vie per creare valore. Tra queste, ne abbiamo selezionate tre che stanno acquisendo sempre più popolarità sul mercato, anche se non sono per tutti.
Etf sull’inflazione attesa
La prima è la gamma di Exchange traded fund di Lyxor sull’inflazione attesa. In gergo tecnico, si parla di “Breakeven inflation rate” per indicare la differenza tra il rendimento delle obbligazioni nominali e quello dei bond inflation linked (agganciati all’inflazione). In tutto, i fondi indicizzati di questo tipo, disponibili anche nel segmento EtfPlus di Borsa italiana, sono quattro: due long e due inversi in euro e dollaro.
Un investitore può scegliere i primi due (Lyxor EUR 2-10Y inflation expectations e USD 10Y inflation expectations) quando si aspetta un aumento dell’inflazione attesa; gli altri due (Lyxor EUR inverse 2-10Y inflation expectations e USD inverse 10Y inflation expectations) nella situazione opposta. “Sono strumenti diversi dagli inflation linked”, spiega Marcello Chelli, referente per i Lyxor Etf in Italia. “Perché hanno una duration quasi nulla e quindi non sono esposti al rischio tassi”.
Gli Etf long sono stati lanciati nel 2016 e hanno accresciuto rapidamente le masse, quello in euro gestisce oltre un miliardo, quello in dollari 846 milioni (dati in valuta base al 7 febbraio 2019). Gli altri due sono più recenti (hanno debuttato a fine novembre 2018), ma hanno già superato il milione di masse. I bassi costi (0,25 per i long e 0,35% annui per quelli short) e la possibilità di accedere a strategie un tempo disponibili solo per gli operatori più sofisticati hanno contribuito ad attrarre la domanda di investitori, soprattutto professionali, che, spiega Chelli, possono utilizzarli in vari modi: tattici (scommettere sull’andamento al rialzo o al ribasso dell’inflazione attesa), di copertura di un portafoglio di titoli nominali o di uno fatto da inflation linked, oppure accedere a una asset class poco correlata con altre (per questi ultimi tre approcci si utilizzano gli strumenti long).
I CoCo bond
Una seconda strategia è implementata dall’Etf WisdomTree AT1 CoCo Bond, quotato anche su Borsa italiana, che espone alle obbligazioni convertibili contingenti (o ibride) emesse dalle istituzioni finanziarie dei paesi europei sviluppati denominati in euro, dollari o sterline. La sigla AT1 sta per Additional Tier1 ed indica i bond più vicini all’equity: si tratta di strumenti che assicurano alle banche emittenti la stabilità patrimoniale per far fronte a scenari di stress finanziario. Questi CoCo bond hanno caratteristiche particolari come la possibilità che siano convertiti in azioni al verificarsi di determinate situazioni (ad esempio, la riduzione dei coefficienti patrimoniali di vigilanza sotto le soglie regolamentari previste da Basilea3), oppure ci sia una svalutazione del capitale o la cancellazione della cedola.
“Quando il livello di determinate condizioni (trigger) viene superato, si attiva il meccanismo di assorbimento delle perdite del bond medesimo”, si legge in una nota di WisdomTree. “Esistono due tipi di trigger: meccanici (in riferimento a una specifica soglia di capitale) e discrezionali (dipendenti dalla decisione di un’autorità regolamentatrice). Analogamente, esistono due procedure di assorbimento delle perdite: conversione in titoli azionari o svalutazione del capitale. Nella eventualità di una conversione, l’AT1 sarà negoziato in linea con le azioni al ribasso”.
Anche in questo caso, è una strategia per investitori che ne comprendano a pieno le funzionalità e siano disposti a sopportarne il rischio. Essendo strumenti nuovi, è difficile dire come si comporteranno e quale sarà la loro liquidità in caso di crisi finanziaria. Rispetto a una singola emissione, l’Etf ha il vantaggio di essere diversificato e di privilegiare i titoli più liquidi, oltre ad avere un costo competitivo, pari allo 0,5% annuo.
Il direct lending
Infine, la terza strategia emergente è quella del direct lending, che però non è disponibile nei fondi comuni tradizionali, ma in quelli alternativi (in gergo FIA), riservati ad investitori professionali (non per i privati). Si tratta di strumenti che possono erogare prestiti alle imprese. Rappresenta dunque un canale di finanziamento diverso da quello tradizionale bancario, utile soprattutto per le piccole e medie imprese. Il mercato europeo è ancora piccolo e frammentato, ma in crescita. Secondo alcune stime riportate da Hermes, nel 2017 queste strategie avrebbero raccolto circa 20 miliardi di euro contro i nove dell’anno precedente. In un contesto dove la competizione delle banche è forte, soprattutto sui prestiti di miglior qualità, è importante per i gestori avere contatti sul mercato dei prestiti per accedere alle opportunità di qualità, nonché processi di selezione, analisi, strutturazione del portafoglio e monitoraggio consolidati. Infine, servono competenze e capacità per gestire possibili default.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.