Sorprende anche vedere alcuni fondi a ritorno assoluto, che promettono una performance positiva indipendentemente dalle condizioni di mercato e si pongono un obiettivo di rendimento di qualche punto superiore al tasso Euribor, che si sono comportati come azionari nei giorni della bufera dei mutui subprime. Eppure questi strumenti sono pr
esentati come prodotti a basso profilo di rischio.
L’ingegneria finanziaria è entrata nell’industria dei fondi, portando alla nascita di prodotti strutturati nei quali i meccanismi di protezione sono affidati a modelli matematici e all’uso di derivati. La direttiva Ucits III, inoltre, ha accresciuto la flessibilità di gestione, consentendo ai fondi di adottare strategie simili a quelle degli hedge fund. In alcuni casi, però, questi sistemi hanno accusato il colpo dei pesanti ribassi, mostrando i loro limiti.
Nelle ultime settimane abbiamo ricevuto molte lettere che ci chiedevano spiegazioni sul comportamento anomalo di alcuni fondi che sono stati venduti come “sicuri” e invece hanno perso il 2 o il 3% in un giorno o sono stati congelati. E’ chiaro che il basso rischio di un titolo di Stato area euro a tre mesi non è il basso rischio di un comparto che si pone obbiettivi di rendimento assoluti, utilizzando derivati e adottando strategie speculative. Sotto il cappello del basso rischio sono finiti indistintamente prodotti molto eterogenei tra loro.
Purtroppo, nella maggior parte dei casi, ai clienti queste differenze non sono state spiegate e i fondi innovativi e più promossi dal punto di vista commerciale hanno fatto il pieno di raccolta. Spiega un promotore: “Facciamo l’esempio di un cliente che mi chiede un fondo poco rischioso e io ho tre possibilità, un comparto liquidità tradizionale, uno che investe in Abs e un absolute return. Tutti presentano lo stesso rapporto rischio/rendimento atteso, collocandosi nella stessa posizione sulla frontiera efficiente. A questo punto, sceglierò quello che mi offre i maggiori guadagni (ossia il fondo che retrocede di più). E non è certo il fondo monetario tradizionale. D’altra parte, se ho un sistema informatico che mi sostiene ‘scientificamente’ sulla equiparazione, perché dovrei rinunciare a lauti ritorni?”. Certo il promotore ha le sue colpe, ma è anche vittima di un sistema distributivo che continua a muoversi secondo le mode, senza mettere al centro l’interesse del risparmiatore, e di un’industria che ha etichettato come poco rischiosi prodotti che non lo sono (almeno secondo l’esperienza recente). Riuscirà la Mifid a cambiare qualcosa?
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