La notizia è di quelle che ha fatto tremare il mercato. Nonostante il piano di sostegno di circa 110 miliardi di euro varato dall’Unione europea, il Credit default swap sull’emissione a cinque anni della Grecia ha raggiunto a fine giugno il proprio record storico, abbattendo la soglia dei mille basis point. Le quotazioni sono poi leggermente scese nei giorni a venire, fino ad assestarsi a quota 906 (dati al 2 luglio). Chi vuole proteggersi dal rischio fallimento dei bond greci deve pagare oggi circa il 10% dell’importo assicurato; un costo superiore a quello necessario per i bond argentini e inferiore solo a quelli del Venezuela.
Ciò nonostante, le autorità elleniche si sono definite “fiduciose” sul raggiungimento degli obiettivi fissati per i prossimi anni e sul buonfine degli aiuti. Anche perchè, secondo alcuni osservatori, i Cds non sarebbero così attendibili, visto che spesso sono oggetti di attacchi speculativi.
Cosa sono e come funzionano
Il Credit default swap tecnicamente è un contratto che ha la funzione di trasferire l’esposizione creditizia di prodotti a reddito fisso tra le parti. È il derivato creditizio più usato. In pratica è un accordo tra un acquirente ed un venditore per mezzo del quale il compratore paga un premio periodico a fronte di un pagamento da parte del venditore in occasione di un evento relativo ad un credito (come ad esempio il fallimento del debitore) cui il contratto è riferito. Il Cds viene spesso utilizzato con la funzione di polizza assicurativa o copertura per il sottoscrittore di un’obbligazione. Tipicamente la durata di un Cds è di cinque anni e sebbene sia un derivato scambiato sul mercato over the counter (non regolamentato) è possibile stabilire qualsiasi durata.
Quindi, la quotazione di un Cds può fornire una stima del rischio insito nelle obbligazioni assicurate. Più uno swap è caro, più il default del creditore è probabile, almeno in teoria.
Insomma, i Cds possono essere considerati semplici contratti assicurativi. Se compro dei bond (governativi o corporate), mi posso coprire dal rischio di default del creditore tramite questi strumenti. Ma i Cds possono essere considerati anche asset puramente speculativi. Una scommessa sul fallimento di una azienda o addirittura di un Paese. Teoricamente, gli speculatori hanno la possibilità di scommettere sul default di un soggetto e contemporaneamente di operare sui mercati per far fallire lo stesso. È come essere intestatario dell’assicurazione sulla vita di qualcuno e poi avere la possibilità di ucciderlo o assoldare un sicario per farlo fuori.
Rischio sovrano sovrastimato?
L’utilizzo dei Cds è sempre più elevato e determinante sui mercati del credito, ma la loro quotazione riflette davvero il rischio di default? “Il fatto di poter scambiare un unico valore per ogni emittente (invece che una pluralità di obbligazioni), consente di concentrare tutta l’attività degli operatori aumentando, almeno in teoria, l’efficienza di mercato”, afferma Jacopo Ceccatelli, partner di JC&Associati. “Questo, però, è a nostro parere certamente vero per tutti gli emittenti corporate. Per quanto riguarda gli Stati sovrani invece, va sottolineato che in molti casi il rischio controparte (cioè che fallisca la controparte che ha venduto il Cds) può essere più elevato del rischio sottostante (cioè che fallisca l’emittente oggetto del Cds). Per questo motivo il costo dei Cds su Stati sovrani con merito di credito molto elevato (come Germania, Norvegia o Svizzera) tende a sovrastimare il rischio di default”.
“Proprio per la loro liquidità e facilità di trattazione”, prosegue Ceccatelli, “i Cds sono da un lato lo strumento ideale per la speculazione, ma dall’altro anche l’indicatore più efficiente per determinare le tendenze di mercato di breve periodo”.
Verso il divieto?
Negli ultimi mesi, numerosi economisti e politici si sono fatti avanti chiedendo un vero e proprio divieto dell’utilizzo dei Credit default swap, proprio per la loro natura speculativa. Lo scorso mese, anche la Commissione Ue ha dichiarato di essere al lavoro per “limitare temporaneamente o vietare le vendite allo scoperto e i Cds in situazioni di emergenza”. Anche se ad oggi non c’è niente di deciso, l’azione dovrebbe venire coordinata a livello europeo attraverso l’Esma, l’Autorità Ue di vigilanza sui mercati.
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