La replica sintetica si fa strada nell’industria degli Exchange traded fund (Etf) nel segno della complementarietà con la più tradizionale replica fisica. L’iniziale contrapposizione tra i due metodi utilizzati per seguire il benchmark appartiene al passato, perché gli studi mostrano che l’impiego di derivati, in alcuni casi, permette una maggior fedeltà all’indice di riferimento.
Replica fisica
La replica fisica avviene generalmente in due modi. Il primo è l’acquisto da parte dell’Etf di tutti i titoli che compongono il paniere sottostante; il secondo è la costruzione del portafoglio con un campione ottimizzato di titoli (questo caso è utilizzato, ad esempio, quando la replica piena è troppo costosa e inefficiente). Come ha spiegato Mauro Giangrande, responsabile sviluppo business sugli Etf di Deutsche Bank, nel corso dell’ITForum di Napoli, i principali vantaggi sono la semplicità e il rischio di controparte molto contenuto, in quanto non sono impiegati derivati. I limiti, invece, sono lo scostamento dal benchmark, detto tracking error, che può essere significativo a causa di fattori esterni, quali il turnover dell’indice, la periodicità del pagamento dei dividendi, il trattamento fiscale e i costi. Inoltre è impossibile replicare direttamente alcuni indici (ad esempio, sulle materie prime).
...e sintetica
La replica sintetica o swap based consiste nell’impiego di derivati. In pratica, l’Etf investe in un paniere di titoli, detto substitute basket, e paga la performance di questo paniere alla controparte dello swap, che a sua volta ritorna al fondo il rendimento dell’indice. (Ricordiamo che lo swap è un contratto che prevede lo scambio a termine di flussi di cassa). “La fedeltà al benchmark diventa molta alta”, dice Giangrande, “in quanto il rischio di replica viene trasferito alla controparte”. Il principale svantaggio è l’esposizione al rischio di default della controparte dello swap (anche se la direttiva comunitaria Ucits limita al 10% del patrimonio netto l’esposizione massima al singolo contratto). Per far fronte a questo problema, molti emittenti hanno cercato di ridurre i rischi, rivolgendosi a più controparti swap, oppure prevedendo un livello minimo di collateralizzazione superiore al 100% degli asset netti. Infine, ci sono Etf per i quali è previsto un aggiustamento del collaterale alla fine di ogni giorno lavorativo per riportare tale rischio a zero.
Un altro limite, che oggi è stato in gran parte superato, è quello della trasparenza della composizione dell’Etf. Negli ultimi tempi è aumentato il numero di emittenti che hanno deciso di fare disclosure sui loro portafogli, anche su base giornaliera.
Questione di fedeltà
La replica sintetica ha consentito il lancio di strumenti su asset class particolari, come le commodity, i crediti e le valute; oltre a quelli a leva e short. Ma si rivela utile anche nel caso di indici tradizionali. Secondo una ricerca curata da Christos Costandinides, Etf strategist di Deutsche Bank, su 59 Etf europei azionari, gli swap based seguono più fedelmente l’indice di quelli fisici, soprattutto nel caso di mercati caratterizzati da forti oscillazioni., come gli emergenti E’ bene ricordare che i fattori che determinano la volatilità sono la chiave per valutare il tracking error. Tra questi figurano, la liquidità dei titoli che compongono il paniere di riferimento, le differenze valutarie, la numerosità dei componenti e le condizioni di mercato.
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