Il successo si basa su un mix di fattori. Infatti, come ogni ricetta che si rispetti, un buon fondo d’investimento ha bisogno di ingredienti di qualità e di uno chef capace. Non basta visualizzare nella propria testa una ricetta innovativa, magari mai provata prima, ma bisogna essere in grado di tradurla in realtà, senza sbagliare le porzioni o azzardare abbinamenti troppo rischiosi.
In finanza vale la stessa regola. Buone idee d’investimento da sole non bastano. “È impossibile investire direttamente nel Pil (Prodotto interno lordo) di una nazione o nello sviluppo sostenibile”, afferma in una nota Gregg Wolper, analista di Morningstar. Un fondo che cerca di ottenere dei rendimenti positivi partendo da un’idea di investimento ha davanti a sè proprio questa sfida. “I fondi comprano e vendono azioni, obbligazioni e altri tipi di strumenti finanziari, devono trovare gestori in grado di generare valore”.
“Investire in un fondo dedicato allo S&P 500 non è come investire direttamente nello S&P 500”, commenta Wolper. “Un fondo comporta vari tipi di costi e commissioni e inoltre ci si deve affidare per forza ad un gestore, la cui bravura è fondamentale”. Non a caso, sono proprio questi gli elementi che causano la differenza tra le perfomance del fondo e del benchmark.
Del resto, un investitore azionario di successo non si limita a chiedersi se una società abbia dei buoni fondamentali e un business sviluppato, ma si domanda soprattutto a quale prezzo quella stessa società risulta interessante. Aziende come Apple o Google sono sicuramente eccellenti, ma stabilire a quale valore sia conveniente comprare o vendere le loro azioni è tutta un’altra storia.
Lo stesso principio vale per i fondi comuni. Il fatto che un comparto investa in un tema interessante o molto promettente, non rende di per sè quel fondo specifico promettente. “Il problema è che quando un investimento si appoggia su di un’idea attraente o di moda, gli investitori tendono a non prendere in considerazione elementi come l’esperzienza del manager, il peso delle commissioni e la scelta della strategia”, prosegue la nota Morningstar.
Prendiamo l’esempio dei Bric, acronimo coniato dieci anni fa da Goldman Sachs per indicare i quattro giganti emergenti Brasile, Russia, India e Cina. Pur basandosi sulla stessa idea (la crescita di questi paesi), non tutti i fondi dedicati ai Bric sono convenienti: alcuni sono troppo cari, altri hanno decisamente sottoperformato i propri concorrenti (il rendimento medio a tre anni annualizzato dei fondi azionari dedicati ai Bric è +2,9%; i fondi migliori hanno sfiorato il 10% nello stesso periodo, i peggiori hanno perso fino a 5 punti. Dati al 5 ottobre 2011).
La stessa cosa vale per i fondi socialmente responsabili. “È lodevole investire seguendo anche principi etici, ambientali o sociali. Ma costi, gestione, prezzi e strategia sono gli elementi da analizzare”, continua la nota.
“Sia con concetti nuovi come le energie rinnovabili che con idee vecchie come l’oro, occorre non farsi prendere dalla voglia di seguire acronimi suadenti o mode del momento”, conclude Wolper (negli ultimi tre anni, ad esempio, ben 3,4 miliardi di euro sono entrati nei fondi socialmente responsabili disponibili in Italia). Una buona idea non qualifica un fondo come redditizio. Senza un gestore competente, un track-record solido, una strategia logica e dei costi ragionevoli, difficilmente si avrà successo.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.