Di replica fisica e sintetica si può parlare con toni pacati e non urlati. Lo ha dimostrato la seconda edizione della Morningstar Etf invest conference, che si è tenuta lo scorso 22 novembre a Palazzo Mezzanotte. I principali emittenti presenti in Italia si sono confrontati sul tema che ha dominato il dibattito nel 2011, preferendo alle accuse reciproche, la chiarezza sulle due metodologie, i pro e contro. Sgomberiamo, dunque, il campo da alcuni falsi miti.
Primo: non c’è un metodo migliore di un altro. Come ha detto Mauro Giangrande, responsabile per l’Italia degli Etf db x-trackers di Deutsche Bank, il metodo fisico, che si basa sulla costruzione di un paniere di titoli molto simile a quello dell’indice di riferimento, non è utilizzabile in tutta una serie di prodotti. Si pensi, ad esempio, a quelli a leva o short. Le stime parlano di un 35% del totale, che possono essere solo sintetici.
Secondo: swap-based non è uguale a derivato. Il patrimonio di un Etf sintetico è investito al 100% in titoli, che costiuiscono il collaterale. Sono di qualsiasi tipo, non necessariamente quelli del benchmark. La replica infatti è assicurata dallo swap, un contratto derivato con il quale l’Etf scambia la performance del paniere sostitutivo con quella dell’indice. Inoltre, come ha ricordato Antonio Volpe, responsabile italiano degli Etf di Amundi, esistono due metodi di replica: un-funded (la liquidità viene usata dal provider per costruire il paniere di titoli sostitutivo), e funded (il cash è trasferito alla controparte dello swap in cambio della performance dell’indice), con implicazioni diverse in termini di rischio di controparte.
Terzo: il prestito titoli non è una pratica esclusiva degli Etf fisici, ha tenuto a precisare Emanuele Bellingeri, managing director di iShares in Italia. E’ dunque sbagliato accanirsi solo sugli Exchange traded fund. Tra l’altro l’attività in sé non è dannosa per i mercati, al contrario aumenta la liquidità e quindi l’efficienza. Il punto è come essa viene svolta, ossia quale controllo sul grado di affidabilità delle controparti viene realizzato, come è costituito il collaterale e in quale misura i ricavi sono condivisi con gli investitori (percentuale reinvestita nei fondi), dal momento che essi se ne accollano il rischio.
Quarto: la replica fisica presenta elementi di criticità. Un fenomeno, spesso sottovalutato e su cui ha messo l’accento Marcello Chelli, responsabile dei prodotti quotati di Lyxor, è il cash drag, ossia la minor performance che deriva dal fatto di detenere liquidità anziché essere totalmente investiti in titoli e che può dunque essere fonte di tracking error.
Quinto: non serve un nuovo quadro normativo, ma come ha detto Danilo Verdecanna, managing director di Spdr in Italia, la direttiva Ucits sui fondi può rappresentare un adeguato punto di riferimento, con una buona reputazione che si è costruita negli anni.
Più che il metodo di replica, dunque, è importante la comprensibilità dei prodotti, perché per dirla con le parole di Scott Burns, direttore della ricerca sugli Etf di Morningstar, “il miglior modo per evitare di prendersi solo dei rischi senza che ad essi corrispondano i rendimenti è la trasparenza”.
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Per approfondire il tema della replica fisica e sintetica, leggi Morningstar Investor.
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