Oggi, negli Usa oltre 1.000 miliardi di dollari sono investiti in Exchange traded fund. Di questi, circa la metà sono riconducibili a investitori privati. Gran parte del merito va dato ai consulenti finanziari americani, i quali hanno aiutato non poco a diffondere l’utilizzo dei replicanti tra i propri clienti. A raccontarlo è Jim Ross, responsabile mondiale di Spdr Etfs (gruppo State Street Global Advisor).
Il mercato europeo, dove gli asset gestiti sono meno della metà di quelli americani seppur ci siano più Etf quotati, è strutturato in modo diverso. “I canali distributivi dei due mercati sono diversi e in Europa gli Etf sono molto più utilizzati dagli operatori istituzionali”, commenta Ross. “Secondo la mia esperienza, per accrescere la percentuale di utilizzatori retail occorre uno sviluppo della consulenza finanziaria indipendente, che guidi i clienti senza conflitti di interesse. In fondo, è quello che è successo negli Stati Uniti. Sono stati i financial advisors e i wealth managers i primi grandi utilizzatori di Etf e questo ha giocato un ruolo importantissimo nel diffondere il loro utilizzo”.
Un successo inaspettato
Jim Ross è forse uno dei più grandi esperti di Etf al mondo, essendo uno dei padri di questo strumento. Ross, infatti, faceva parte di quel ristretto gruppo di persone che nel 1993 lanciò lo Spdr S&P500, da tutti riconosciuto come il primo vero Etf moderno, oltre ad essere oggi il più grande Etf del mondo con circa 95 miliardi di dollari in gestione.
“Quando decidemmo di provare a lanciare sul mercato un fondo comune passivo quotato in Borsa, avevamo in mente un prodotto ad uso esclusivo degli investitori istituzionali e pensavamo che nel caso migliore avremmo potuto negli anni successivi arrivare a cinque o sei Etf quotati”, racconta Ross. A distanza di quasi 20 anni, è sotto gli occhi di tutti quanto quell’idea iniziale si sia sviluppata quasi avesse vita propria. “Nessuno, io per primo, si sarebbe aspettato una crescita del genere”.
L’innovazione deve seguire il mercato
Sul futuro dell’industria, Ross sembra avere le idee piuttosto chiare. “Gli emittenti devono capire cosa vuole il mercato, devono seguire la spinta derivante dalla domanda. Non ci devono essere chiusure. Personalmente, agli inizi non avrei mai pensato che potessero nascere replicanti obbligazionari, eppure oggi sono strumenti molto utilizzati. Stesso discorso per quanto riguarda gli Exchenge traded commodity sull’oro”.
Prendiamo ad esempio gli Etf attivi, che per definizione puntano a battere il benchmark. Anche se potrebbe sembrare una contraddizione, il loro meccanismo di funzionamento non differisce dai cugini “passivi”: come questi ultimi, infatti, essi si limitano fondamentalmente a replicare un indice. È piuttosto la caratteristica dell’indice replicato a variare rispetto agli Etf tradizionali. Si tratta di panieri costituiti ad hoc, perciò detti fund friendly indexes, che in base al criterio di selezione dei titoli si distinguono in indici fondamentali e indici quantitativi. Gli Etf, di conseguenza, si conformano alle caratteristiche degli indici che replicano. “Nessuno ha la palla di vetro e non possiamo dire con certezza se gli Etf attivi, che oggi negli Stati Uniti rappresentano solo una piccola parte del mercato, saranno o meno un successo”, spiega il numero uno di Spdr. “Abbiamo però deciso di essere in prima fila in questo campo, anche seguendo il buon successo registrato da alcuni concorrenti”.
L’education al centro
Quando un mercato o uno strumento conosce un forte successo, com’è capitato con i replicanti, è fisiologico approdare ad una maggiore sofisticazione degli strumenti. “La complessità degli strumenti non è un problema in sè, ma lo diventa se non viene accompagnata dalla giusta attività di educazione”, afferma Ross. “Sono contro gli Etf a leva o inversi quando chi li compra non ha ben chiaro come funzionano; e non parlo solo della documentazione ufficiale, ma dell’informazione reale che viene percepita dagli investitori”.
Dibattito fisico-sintetico da superare
Tutti gli Etf si Spdr sono a replica fisica, eppure Jim Ross non sembra voler prendere parte alla crociata contro la replica avversaria. “Non voglio entrare nel dibattito tra quale replica sia migliore, anche perchè dipende da moltissimi fattori, come la tipologia di benchmark. Negli Usa, ad esempio, abbiamo rinunciato a lanciare un Etf sui mercati di frontiera perchè ci sono ancora troppi problemi di liqudità. La cosa più importante resta l’education, sapere cosa si sta comprando, quali sono i rischi connessi e quali i benefici”.
Quando gli viene chiesto se Spdr utilizzerà in futuro anche la replica sintetica, Jim Ross risponde che attualmente non vede questa possibilità. Tuttavia, dopo qualche secondo di riflessione probabilmente dedicato a tutte le sorprese vissute negli ultimi 20 anni, aggiunge: “Anyway, in this business never say never”.
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