Nel processo di investimento, una volta decisa l’asset allocation, ovvero su cosa voler investire, la questione si sposta su come si possa ottenere la miglior esposizione. Tra tutte le considerazioni possibili, la prima riguarda i costi.
Questo non sorprende. Per anni, il costo di entrata è stata la prima preoccupazione degli investitori. Anche la ricerca di Morningstar ha rafforzato l'idea che i costi possano fare la differenza, soprattutto sul lungo periodo.
All’interno dell’universo degli Exchange traded fund, quando si parla di costi, si pensa di norma all’indice Ter (Total expense ratio). Gli investitori spesso lo guardano come un indicatore onnicomprensivo dei costi. È innegabile che prendere in considerazione il Ter sia sicuramente un buon criterio, però ci sono una serie di altri fattori intangibili che non dovrebbero venire trascurati.
Cerchiamo di porre la questione sotto un altro punto di vista. Quando si acquista un Etf, invece di chiedersi a quanto ammontano le commissioni, ci si dovrebbe chiedere quanto inizialmente avrebbe dovuto performare il replicante e quanto invece ha reso nella realtà.
Estimated Holding Cost
Gli Etf sono dei replicanti e come tali dovrebbero tracciare un benchmark, al netto delle commisioni. La differenza tra la performance attesa dell’Etf (rendimento dell’indice – Ter) e la performance reale è denominata Estimated Holding Cost, traducibile come Costi di partecipazione stimati. Essi possono essere considerati (assieme al Ter) come i costi da sotenere per replicare l’indice. I benchmark con un alto turnover o con dei titoli illiquidi, ad esempio, possono essere più difficili da replicare. I replicanti di questi indici, avranno probabilmente holding cost più elevati. Questi gap, comunque cambiano di anno in anno e possono anche essere positivi.
L’impatto del mercato
Un altro importante fattore intangibile è rappresentato dalla liquidità di un prodotto. La liquidità può anche essere considerata come la sensibilità di un titoli all’atto di vendita o di acquisto. Le attività che possono essere acquistate o vendute in grandi quantità senza generare grandi impatti sul prezzo sono considerate altamente liquide. Al contrario, le attività che soffrono ampi movimenti di prezzo in risposta a bassi livelli di acquisti o di vendite sono considerate illiquide.
Non sempre si riesce a completare un intero ordine di acquisto o vendita al miglior prezzo disponibile (per gli acquirenti il prezzo più basso disponibile, per i venditori il prezzo più alto a disposizione). Si consideri il seguente esempio: si vuole acquistare 10 quote dell’Etf XYZ. La migliore offerta è di 5 euro per quota. Ci sono solo cinque quote disponibili a questo prezzo. Si acquistano tutte e cinque. Per completare la transazione, tuttavia, è necessario acquistare altre cinque quote. Il miglior prezzo disponibile per le successive è di 6 euro. Ci sono 17 quote disponibili a questo prezzo. Se ne acquistano 5. Il prezzo di acquisto totale dell’ordine sarà quindi di 55 euro.
Questo esempio fa capire quanto i mercati illiquidi facciano lievitare i costi. In questo caso, l’investitore si aspettava di acquistare 10 quote dell’Etf XYZ a 5 euro per quota (essendo il miglior prezzo disponibile), per un totale di 50 euro. L’illiquidità del mercato ha fatto lievitare il prezzo del 10%, una differenza che può essere considerata come un costo aggiuntivo.
Ci sono sofisticati parametri statistici che possono essere utilizzati per valutare e progettare l’impatto dei costi di mercato, ma in fondo non sono così importanti per gli investitori retail con un orizzonte a lungo termine. In generale, il volume di scambi può servire come indicatore di liquidità. Scambiare un Etf che mantiene un alto volume medio giornalierio di trading, lascerà gli investitori molto meno esposti alla sofferenza di questi costi.
Lo scopo non è certo dire che il Ter non sia importante o indicativo. Ma tuttavia è importante sapere che ci sono altri fattori da considerare, come lo scostamento nella replica dell’indice e l’attività di trading. Se si effettuano parecchi scambi, è quindi più opportuno scegliere i benchmark più liquidi.
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