Il mercato della previdenza complementare si conferma in stallo. Secondo gli ultimi dati della Covip, Commissioni di vigilanza sui fondi pensione, gli aderenti al secondo pilastro sono al 30 settembre circa 5,76 milioni di persone, il 4% in più rispetto a fine 2011. In sostanza, solo un lavoratore su quattro aderisce alla previdenza complementare. La crisi non aiuta a rilanciare le adesioni. La recessione e gli effetti della manovra di risanamento dei conti pubblici comportano una riduzione dell’occupazione e del risparmio, mettendo sotto pressione le iscrizioni alla previdenza complementare.
L’unico segmento del settore che registra ottimi tassi di crescita è quello dedicato ai Pip, piani individuali pensionistici, venduti per lo più da società assicurative. I Pip hanno infatti aumentato i propri iscritti negli ultimi nove mesi del 15,2%, mentre i fondi aperti hanno segnato un +2,1% delle proprie adesioni nello stesso periodo e i fondi negoziali sono andati addirittura in rosso, a -0,8%. Ma il trend non riguarda solo l’anno in corso. Da giugno 2007 a giugno 2012, i Pip sono cresciuti del 22% l’anno, contro il 3% dei fondi comuni aperti. Questa è una forte prova dell’irrazionalità degli investitori, visto che tra tutti i prodotti previdenziali, i Pip sono di norma i più cari in termini di commissioni e inoltre non godono del contributo del datore di lavoro come i fondi negoziali. Possono però contare su una capillare rete di vendita e di promozione che evidentemente funziona.
I rendimenti sorridono
Dopo un 2011 da dimenticare (seppur migliore dell’anno nero 2008), nei primi tre trimestri del 2012 i rendimenti dei fondi pensione sono tornati a crescere. I fondi negoziali hanno guadagnato in media il 6,2%, i fondi aperti il 7,4% e i Pip Unit Linked l’8,1%. Questi i risultati medi da confrontare con la rivalutazione del Tfr, pari al 2,5%.
Tuttavia, occorre come sempre notare che le diverse linee hanno avuto dei comportamenti molto diversi tra loro. Così, si passa dal +9,3% medio delle linee azionarie pure dei fondi aperti, al 2,4% delle linee obbligazionarie pure dei negoziali (unica linea a risultare inferiore alla rivalutazione del Tfr).
L’importanza del lungo periodo
In generale, si può affermare che i comparti azionari abbiano tutti segnato i migliori risultati, seguiti dai bilanciati e infine dai comparti a reddito fisso. Ma questi rendimenti contano relativamente, poiché un investimento previdenziale deve essere valutato sul lungo periodo. Prendiamo ad esempio la categoria azionaria dei Pip, quella che in media ha meglio performato nei primi nove mesi del 2012 (+10%). L’anno scorso, la stessa linea aveva perso l’8,8%, mentre nel 2010 aveva guadagnato in media il 7,5%. L’anno ancora prima, nel 2009, era salita addirittura del 23,1%; risultato non così felice, se si conta che nel 2008 aveva lasciato per strada il 36,5%. Certo, le linee azionarie pure sono le più volatili e quindi le più rischiose, ma in ogni caso, i conti si fanno alla fine.
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